Roma 13 novembre 2013
Solo morire di giorno
Esalta il giorno le sue ali.
Bosco immenso, selva, leone o nube;
lentissima pupilla che quasi non si muove;
lagrima dolorosa dove brilla una stella,
dolore quasi uccello, iride tra la pioggia.
Il tuo cuore gemello del mio,
alta roccia da cui una breve figura
muove le braccia che quasi non vedo, ma che odo;
invisibile punto dove una tosse o un petto ancora anelo
giunge quasi sia l’ombra delle braccia perdute.
Il tuo cuore gemello come un uccello in terra,
come la palla in fuga che ha piegato le ali,
come due labbra sole che ieri sorridevano…
Una magica luna colore di basalto
esce di dietro il monte come una spalla nuda.
Era di piuma l’aria, la pelle la si udiva
come una superficie che un battello ferisce.
Oh cuore, cuore o luna, oh terra secca a tutto,
oh arena assetata che s’imbeve di un’aria
quando soltanto le onde gialle son acqua!
Acqua o luna è lo stesso: ciò che sfugge alla mano,
linfa che mentre goccia sopra la fronte fredda
imita a un tratto labbra o una mente ascoltata.
Voglio morir di giorno, quando la luna bianca,
bianca come quel velo che cela solo aria,
voga senza sostegno, senza raggi, una lamina,
come una dolce ruota che non può dare gemiti,
infantile e castissima nel sole clamoroso.
Voglio morir di giorno, quando amano i leoni,
allorché le farfalle volano sopra i laghi,
quando la ninfea emerge da un’acqua verde o fredda,
fiore assonnato e strano nella luce rosata.
Voglio morire al limite degli ampi boschi estesi,
dei boschi che levano le braccia.
Quando canta la selva in alto e il sole brucia
capigliature, pelli o un amore che annienta.
Da Vicente Aleixandre, La distruzione o amore,
a cura di Francesco Tentori Montalto,
Einaudi, Torino 1977
A domani
Lié Larousse