Ogni tifoso che si rispetti, almeno una volta, ha sognato di salire i gradini dello Stadio San Paolo per sostenere il Napoli. L’emozione, il batticuore e l’adrenalina che pian piano aumenta ad ogni scalino che superiamo, è indescrivibile, ed inizia così l’idillio di una sensazione che mai più verrà dimenticata.
C’è da dire però, che lo stadio non è per tutti. Scegliere di sostenere la propria squadra cantando a squarciagola, è un atto di fede, una storia d’amore viscerale che si consuma tutte le volte che su quegli spalti trasuda la passione, un atteggiamento tipico, in modo particolare di quelli che appartengono ad una scuola di pensiero che ha due principi fondamentali: coerenza e mentalità!
Quante volte sarà capitato di sentir pronunciare, o di leggere sugli striscioni allo stadio, queste due parole? Ma vi siete mai chiesti che significato assumono realmente?
Solitamente pronunciato dagli ultras, il motto “coerenza e mentalità” indica uno stretto legame di appartenenza alla causa per cui loro stessi cantano, ovvero i colori che rappresentano la città e la fede che amano. Gli ultras non legano il loro amore ai singoli calciatori che sono di passaggio (alcuni detti anche mercenari), ma fondono letteralmente il loro legame con un’ideologia di tifo. Proviamo a spiegare singolarmente le due parole.
Parlare di “mentalità”, per gli ultras, vuol dire anteporre al calcio il tifo, il sostegno instancabile che li fa intonare cori fino allo sfinimento. Avvalora ancora di più questa tesi, il fatto che il capo ultras ( quello che intona solitamente i cori che poi vengono seguiti dall’intera curva) è di spalle al campo, e incita tutti a tifare, accontentandosi lui stesso di non seguire il match.
Il termine “coerenza” invece rappresenta la volontà assoluta di testimoniare la propria fede a qualunque costo, sfiorando molto spesso situazioni paradossali.
Il motivo per cui il motto è esattamente “coerenza e mentalità”, è perché appunto non può esserci coerenza senza mentalità e viceversa, dal momento che i due principi sono strettamente legati tra loro e rappresentano gli elementi principali della vita ultras.
Circa due anni fa, proprio al San Paolo, andò in scena uno spettacolo che non tutti digerirono piacevolmente, gli ultras della curva B, a seguito della chiusura della curva milanista per i cori razzisti contro i napoletani, decisero di intonare loro stessi l’ignobile e vergognoso coro “oh Vesuvio lavali col fuoco”, dedicandolo a loro stessi. Quel gesto fece scalpore, e furono molti i tifosi presenti in altri settori che si sentirono offesi, maggiormente quando fu esposto lo striscione con scritto “E adesso chiudeteci la curva”. Probabilmente ancora oggi, quel gesto non è stato compreso, ma per spiegare, va detto che quella fu una chiarissima espressione di coerenza e mentalità ultras, quella per cui l’intera curva decise di auto offendersi per creare un senso di appartenenza a quello che poteva sembrare e che a tutti gli effetti è un coro becero e offensivo. Quel giorno gli ultras dimostrarono di essere superiori alle offese e di non temere nulla.
L’ultras non si piega al calcio moderno, non accetta il tifo da salotto e non vuole omologarsi alla massa che li vuole catalogare: l’ultras è libero e combatte per la sua libertà e più di tutto combatte con cori e coreografie le ingiustizie.
Sarà indimenticabile per molto tempo, l’immagine riproposta in curva B del Vesuvio che erutta e da spettacolo, esattamente come il coro “Vesuvio lavaci col fuoco” oppure “Il Vesuvio è la terra che amiamo”, perché da questa spavalderia e da questo modo di combattere l’odio anti-napoletano, gli ultras partenopei hanno innescato un meccanismo per cui l’offesa che proviene dagli altri tifosi appare quasi nulla.
Ovviamente non tutti i tifosi appartengono a questa scuola di pensiero, ma non per questo possono essere considerati “tifosi di serie B”, il tifoso napoletano ha insito nell’anima il trasporto per la propria squadra anche se non appartiene a gruppi ultras.
Ognuno vive l’amore per la propria squadra come meglio crede ma una cosa è certa, lo spettacolo allo stadio inizia quando tra il campo e gli spalti si crea la fusione, la collaborazione tra tifosi e giocatori che rende magica l’atmosfera e spettacolare la partita. Un modo per combattere insieme che ha sempre contraddistinto il tifo napoletano, quello per cui molto spesso si è parlato di “dodicesimo uomo in campo”.
Ecco il video del coro intonato al San Paolo