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Video. Pino Daniele, intervista inedita: “Sono stati sfruttati i canoni napoletani per fare i soldi”

Creato il 19 marzo 2015 da Vesuviolive

intervista

Un’intervista inedita realizzata a Pino Daniele nell’estate del 1979 da Pasquale Scialò. La chiacchierata con il grande cantautore napoletano avvenne a Piazza S. Maria La Nova, a casa delle sue zie ed è rimasta impressa sul nastro di una cassetta e conservata gelosamente nella libreria personale di Scialò.

L’intervista che è stata resa pubblica sul Corriere del Mezzogiorno, mostra un Pino poco più che ventenne che sa affrontare con grande maturità molti temi: dall’uso del dialetto e gli stereotipi sulla “napoletanità” alle aspettative di un giovane musicista blues. Inizia col raccontare come è iniziata la sua carriera e il suo amore per la chitarra, continuando con le critiche sulla sceneggiata che definiscesottocultura al cento per cento, pe’ me non vogliono dire niente“.

Si esprime sul rapporto, che secondo lui, c’è tra la cultura americana e napoletana: “Vivo in una società completamente americana ma ancora legata alle tradizioni napoletane. Io cerco di trovare la via giusta per unirle e forse ci riuscirò a quarant’anni, a cinquanta o forse domani mattina“. E poi aggiunge: “Il sistema acchiappa qualsiasi cosa che da fastidio e la strumentalizza, io non vorrei mai vendere 500.000 copie perché sarei rovinato, strumentalizzato. Mi interessa vendere quelle 50.000 copie che mi permettono di andare avanti e di continuare nel tempo il mio discorso“.

E sull’uso del napoletano fa una riflessione molto interessante: “Io mi chiedo: se la gente ascolta musica inglese perché non deve ascoltare anche quella napoletana? L’inglese è una lingua universale, ma il napoletano è più musicale. Non sono un cantante napoletano, ma faccio un certo tipo di musica con colore napoletano, perché uso il dialetto ma in altri momenti sono un cantante americano. […] Col secondo disco ho cercato di allontanarmi un po’ dalla ‘napolitudine’ che è diventata troppo scontata, si è prostituita! Sono stati sfruttati i canoni napoletani per fare i soldi. Questo è!“.


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