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La fiaba

Venerdì 14 Marzo 2014 12:12 Scritto da PatPat

videogame
Luca era un ragazzino di undici anni e la sua vita, quella di un adolescente come tanti. Amava il calcio, passeggiava con il telefonino incollato alle orecchie, portava solo scarpe da ginnastica e... amava i videogame.

Li amava troppo e non appena era solo con il suo pc si immergeva per ore in questo passatempo rubando allo studio e ad altri divertimenti molte ore della sua giornata. 

Luca di solito era solo in casa; i suoi genitori lavoravano tutto il giorno e lo ritenevano abbastanza maturo per gestire il proprio tempo. Neanche il nonno, pur improvvisando incursioni a sorpresa, riusciva a indurre il nipote a divertirsi in altro modo.

Minacce o promesse ormai non servivano più: nessuno riusciva a distoglierlo da questa mania. Il ragazzo aveva una collezione invidiabile di giochi ed era diventato così abile che ne voleva sempre di nuovi e più complessi per mettersi alla prova.

Quel giorno, come sempre, Luca uscì da scuola, si diresse verso casa, almeno così diranno in seguito i suoi compagni, e iniziò uno dei tanti lunghi pomeriggi in casa, da solo. La sua mamma, però, era tornata prima del solito dal lavoro e non aveva trovato Luca davanti al computer. L'apparecchio era acceso e sullo schermo si susseguivano immagini accompagnate da elaborazioni elettroniche di grande effetto che simulavano esplosioni, grida di animali feroci, sinistri cigolii e raccapriccianti risate. Ma tutto questo accadeva abitualmente e la donna pronunciò la fatidica frase: "Luca, abbassa il volume... ancora lì davanti a quei giochi?". Ma Luca non rispose. Non poteva, perché non era seduto lì davanti.

La donna cominciò a cercarlo nelle altre stanze, ma dopo qualche minuto la sua ricerca risultò vana. Luca non era in casa. "Sarà andato a comprarsi un po' di pizza", pensò. Ma le lancette dell'orologio iniziarono a rincorrersi e i minuti si susseguirono rendendo sempre più inquietante l'attesa. Dopo mezz'ora, la donna iniziò a telefonare ad amici e conoscenti, ma senza alcun risultato: nessuno aveva visto o sentito il ragazzo. Molto preoccupata avvisò il marito, ma l'uomo era impegnato in una importante riunione di lavoro.

«Cara, sei sempre troppo apprensiva. Vedrai tornerà quanto prima» le disse lui frettolosamente. La donna, cercò di calmarsi. "Povero figlio, sempre solo, lo sentivo che sarebbe successo qualcosa... non si può lasciare un bambino in balia di se stesso...!" Iniziarono a scorrere le ore. Ore che il buio della sera rese ancora più lunghe e pesanti. Anche il marito, finalmente accorso a casa, cominciò a capire la gravità della situazione. «Hanno sequestrato nostro figlio», dichiarò l'uomo, «lo hanno rapito e ora ci chiederanno dei soldi. Vedrai sarà la bravata di qualche piccolo mascalzone!» sentenziò l'uomo in preda all'emozione, influenzato dall'ultimo sceneggiato visto in Tv.

I due sprofondarono stravolti sul divano. Nel frattempo il computer era rimasto acceso e dalla camera del piccolo provenivano ancora rumori e bagliori frastornanti. «Vado a spegnere quel maledetto coso» disse la donna alzandosi infastidita. Dopo qualche istante però la casa risuonò di un grido lacerante. Questa volta reale e non virtuale. Prima di spegnere il video la donna aveva intravisto, intrappolato in una gabbia con sbarre incandescenti e attorniato da belve feroci, suo figlio Luca. Sì, proprio lui in carne e ossa e non in forma animata, imprigionato dal suo stesso video-game che urlava e piangeva di paura, implorando che qualcuno riuscisse a salvarlo...!

Ecco, quei due genitori non erano troppo abituati a giocare con il figlio e quella notte, dovettero fare una grande fatica per entrare in quel mondo e capire come salvare il proprio figlio.


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