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Storia triste, questa, come altre accadute in questi giorni. A Milano, un vigile urbano è stato travolto e ucciso da un'auto mentre in sella alla sua bicicletta si era avvicinato al veicolo per un controllo.Questa figura del vigile in bicicletta riconcilia un po' con il rappresentante della polizia municipale che, proprio per il suo ruolo di dispensatore di multe, non si attira certo le simpatie di automobilisti e motociclisti. Più del vigile a piedi o in scooter e sicuramente più di quello in auto, il vigile in bicicletta si avvicina al cittadino, proprio grazie a questo mezzo di locomozione così popolare. La bicicletta attenua il portato minaccioso e frustrante del ruolo della polizia municipale, che è da molti individuato unicamente con l'elevazione di una multa, e lo rende più vicino e meno temibile. Il mezzo meccanico media una diversa relazione poliziotto-cittadino: portandolo in una posizione di maggiore debolezza nei confronti del traffico automobilistico, più di quella del vigile a piedi, ne attutisce l'aspetto autoritario per esaltare quello lavorativo comune.Il vigile in bicicletta, in definitiva, è quello di un'Italia neorealista degli anni '50, più bonaria e ingenua, trasportato in un'epoca molto più disinvolta e cinica: ci fa quasi la figura della vittima, costretto com'è a inseguire su due ruote l'automobilista indisciplinato di turno.
Ecco perchè l'insieme dell'uomo e del suo mezzo di trasporto, travolti dall'automobilista criminale, ci colpiscono e feriscono maggiormente, perchè vi è il sovrappiù di questa vicinanza affettiva, di questa empatia di sapore antico, popolare.
Ultima considerazione: in quasi tutti gli articoli e telegiornali si parla di un Suv e non semplicemente di un'autovettura. Questo è sbagliato: non c'è una lotta ai Suv, non c'è una colpa di questa categoria di autovetture rispetto ad altre. I protagonisti della vicenda sono un vigile con la sua bicicletta, e un pirata della strada con la sua automobile.