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Hai voglia di dire “ho vinto” quando alle urne va il 51 per cento degli elettori (media nazionale – nelle grandi città non si è arrivati al 40 per cento). Perché se un vincitore c’è si chiama indifferenza e quasi sempre non vota. Comunque Alfano, Maria Stella-Stellina Gelmini e Gnazio La Ruspa vogliano metterla, il Pdl non è stato sconfitto, di più. Comunque la vogliano mettere Maroni e il Salvini salvivificatore, la Lega non ha perso, di più. Su sette comuni dove era riuscita ad andare al ballottaggio, ha perso sette volte che manco se uno ci si fosse messo apposta. C’è chi dice “ha vinto il Pd”. A noi non sembra e anche se i numeri dicono questo, spesso i numeri perdono il loro valore assoluto ed è necessario interpretarli, un po’ come le leggi di Berlusconi dove le fregature si annidano negli orifizi (di tutti i generi e natura)e non nel testo in neretto. Roccaforti del centrodestra passano al centrosinistra, anche se affermare che sia sempre e solo centrosinistra è un azzardo visto che spesso a prevalere è stata la foto di Vasto. A parte L’Aquila e qualche altro raro caso in cui il Terzo Polo (o parti di esso) hanno aderito alla lista del Pd, nelle altre realtà hanno vinto outsider quasi mai del Pd usciti vincitori dalle primarie. Non c’è dubbio che vedere il centrosinistra vincere a Rieti, a Monza, a Como ad Asti e ad Alessandria è un bel vedere ma il senso, qualora qualcuno volesse leggercelo, è che il Nord sta attraversando un travaglio interiore che manco a dirlo, e la conclusione è che se il Nord sta in crisi di rappresentanza, al Sud le cose non vanno sicuramente meglio. È vero, la governance di una nazione inizia dai comuni e, almeno questa tornata elettorale ha fatto capire che un gruppo compatto di centrosinistra una risposta anche se minima, la da. Ma non si può non prendere atto che se vota meno del 40 per cento degli aventi diritto, un problema molto serio c’è, si chiama partecipazione volendo usare un eufemismo, mentre in fondo di disgusto si parla. Ai quacquaracquà del Pdl vorremmo dire che la ragione della loro batosta, perché definirla diversamente sarebbe l’ennesimo tentativo di disinformatio, non è quella che stanno appoggiando il governo Monti per il bene della patria, questa si chiama millanteria. Le ragioni più profonde sono quelle che per quasi venti anni questi signori hanno sparato solo una raffica immonda di cazzate, che hanno fatto promesse mai mantenute e che, specie nell’ultimo periodo dell’impero, hanno curato solo gli interessi personali e familiari di Nano Bifronte sbattendosene di quelli di una nazione sull’orlo del baratro. Se i maggiordomi di Villa San Martino, con annessi lenoni e concubine, pensavano che il pensionato delle FS di Busto Arsizio o la nostra amica casalinga di Abbiategrasso non se ne sarebbero mai accorti e che ammannire brutte soap su Totò Riina fosse la soluzione, beh, cazzi loro e del loro tam tam mediatico azionato dai Sallusti, dai Belpietro e dai Fede che a un certo punto ha fatto splash rivelandosi per ciò che erano: barzellettieri. Non è per citare il capitolo 3 del Qoèlet, ma c’è un tempo per nascere e un tempo per morire, c’è un tempo per le barzellette e un tempo per fare sul serio. Il Pdl non ha capito che il tempo del riso era finito ed era iniziato quello del pianto ed è stato punito proprio come la Lega che, Salvini o non Salvini, ha fatto filotto sì ma di sconfitte, tornando a meno del 5 per cento sul piano nazionale. Vince Beppe Grillo che continuare a definire un “comico” è un azzardo anche perché in politica di comici migliori di lui ce ne sono a bizzeffe, due per tutti? Brunetta e Gasparri,Silvio è inarrivabile. Vince a Parma dove la potente macchina da guerra del Pd si è inceppata, dove dopo anni di una giunta pluriinquisita cacciata a forconate e pentolame, i cittadini si sono rivoltati e hanno deciso di provare diversamente. Ha vinto a Parma dove i voti del Pdl e della Lega sono stati determinanti perché senza di loro Pizzarotti avrebbe continuato a guardare di notte le 5 stelle del suo cielo. E lo ha detto chiaro la Gelmini, “Se fossi andata a votare a Parma non avrei votato per il Pd”. Per chi, allora, ex ministro devastatore della scuola pubblica ad usum privata e cattolica? Ma per il Five Stars, of course! A Parma si è aperto un laboratorio di proporzioni colossali. Se Pizzarotti oltre che bravo a protestare si dovesse dimostrare anche bravo a governare sarebbero cazzi amari per tutti quelli che, con un sorriso paraculo sulle labbra, lo stanno aspettando al varco, come il cinese sulla riva del fiume in attesa del cadavere. Grillo sta sfondando al Nord, spesso perché da corpo al disgusto della gente, spesso perché sfrutta da animale da palcoscenico quale è, l’armamentario ideologico dei defunti Pdl e Lega, e spesso perché siccome siamo arrivati alla canna del gas, ci sembra che provare lui e il suo Movimento non possa fare un cent di danno dopo le macerie causate dagli altri. Insomma, questo è un paese nel quale si continua ad andare per esclusione, non per inclusione, in cui si vota sempre contro qualcuno e non per. La rabbia che viene in alcuni momenti, è quella che per avere Grillo dalla propria parte, al Pd sarebbero bastati un paio di provvedimenti, gli stessi che la gente invoca da tempo per avere la dimostrazione che parla ancora di classe politica e non di casta. Togliere il finanziamento pubblico ai partiti, dimezzare il numero dei parlamentari, impedire a indagati, inquisiti e condannati (anche solo in primo giudizio) di sedere in Parlamento. Ma il Pd col cazzo che lo ha fatto e, continuando ad accusare Beppe Grillo di antipolitica, aveva predisposto (prima firmataria madame Finocchiaro), un bel decreto anticorruzione che nelle pieghe salvava Over The Topa pure dal processo Ruby. Ma quella piccola norma, almeno a sua detta, la Finocchiaro l’aveva pensata prima del rinvio a giudizio di Silvio. Beh? Non è meglio prevenire che combattere?Magazine Politica Italia
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