Talmente povero da lavorare di già all’età di 10 anni, Vincenzo Chilone divenne, nello svolgersi del suo iter lavorativo, intagliatore e successivamente pittore prospettico. Prosciugato nelle finanze da un numero abnorme di figli, lavorò a lungo come operaio scenografo durante gli ultimi anni della Serenissima. Nel mentre Parigi ribolle di febbre rivoluzionaria e Venezia slitta verso l’imminente fine, il guinzaglio corto del bisogno lo porta a Udine, di già vicino ai 40 anni, a lavorare come scenografo.
Ritornò a Venezia a 57 anni senza lavoro né “amicizie socialmente utili” per sotto-occuparsi a giornata per altri pittori facendo la fortuna dei mercanti. Nei suoi ultimi vent’anni approfondì la sua conoscenza delle tecniche di Canaletto. A 66 anni fu eletto membro della Imperial Regia Accademia di Belle Arti di Venezia come pittore prospettico. Tra le sue opere, come un capriccio, si fa notare una piazza S. Marco sommersa dall’acqua alta e attraversata dalle gondole e il ritorno dei cavalli di sentinella in cima San Marco (tolti da Napoleone nel 1797). Morì a Venezia a 81 anni, povero come era nato.