BIOGRAFIA :
Andrea Molesini Nato a Venezia, insegna all'Università di Padova Letteratura Italiana Contemporanea. Nel campo delle letteratura per l'infanzia è autore di diverse traduzioni, di un saggio sull'Olocausto (Nero latte dell'alba) e di diversi romanzi, racconti e raccolte di poesia. È uno degli autori per ragazzi più conosciuti e tradotti. Attraverso una scrittura di grande qualità, crea storie piene di ironia, avventura e immaginazione. Nel 1999 ha vinto il Premio Andersen.
Bibliografia:
L' avventura di Ulisse Mondadori - 2011L' occhio rapace. Interventi critici Editrice Cafoscarina - 2009
TRAMA di "Non tutti i bastardi sono di Vienna ":
In appendice l'autore riporta in una Nota al testo che il romanzo è ispirato da alcuni fatti realmente accaduti narrati nel Diario dell’invasione, di Maria Spada, una sua prozia. In ogni caso lo sviluppo è frutto esclusivo di sua fantasia, fatta eccezione per i nomi dei luoghi e dei protagonisti che invece sono autentici. Si può dire quindi che ci troviamo di fronte a un romanzo storico, per la precisione relativo al periodo intercorrente fra la rotta di Caporetto e la battaglia del solstizio d’estate.
Ogni evento è visto dalla parte orientale del Piave e quindi dal punto di vista degli occupati che dovettero subire le conseguenze dell’invasione austriaca. In questo è un elemento prezioso perché mi risulta che siano poche le opere che hanno parlato di questa occupazione. l’idea principe, intorno alla quale si è coagulato il romanzo, è stata quella di far raccontare tutto dal giovane protagonista, Paolo Spada , in prima persona , il modo più diretto di dire le cose. La situazione descritta è quella di una famiglia di signori (nonno Guglielmo e nonna Nancy, zia Maria, il gigantesco custode, Renato, che si rivela essere ben più che un semplice custode, e la formidabile Teresa, la cuoca, accompagnata dalla stolta figlia Loretta. E poi c’è la seduttrice dalla coscia leggera, e il parroco pugnace e a suo modo patriota.) , usa agli agi e al comando, che all’improvviso, a partire dalla notte del 9 novembre 1917, diventa prigioniera in casa propria, ospite di un nemico che sa essere insieme feroce e beneducato. Così il protagonista, la voce narrante, è iniziato alla vita adulta nel corso di quell’anno 1917/18, che fu fatale per tutta l’Europa. Diventerà un collaboratore del S.I., il Servizio Informazioni dell’esercito sabaudo, vedrà uccidere e ucciderà. Una iniziazione davvero brutale.Nel libro i destini individuali (contraddittori) s’intrecciano tutti con la tragedia di un mondo spazzato via dalla violenza, che fa da apripista alla volgarità dei tempi nuovi, che avranno le masse come protagoniste. “A generali cretini potrebbero succedere sergenti cretini” dice l’immancabile sentenza del nonno. Così gli Spada e gli ufficiali asburgici sono nemici affratellati dal comune destino di sconfitta e di oblio.C’è un crescendo di violenza- la violenza della guerra che offre un’autogiustificazione- nel romanzo di Molesini. Il primo tremendo episodio, che giunge dopo le schermaglie da minuetto dell’occupazione di Villa Spada, è quello dello stupro delle ragazze in chiesa. Il solito bottino di guerra, come se le donne fossero una merce di cui disporre. Donna Maria vorrebbe la fucilazione dei colpevoli, il capitano Korpium li manda sul Grappa (“c’è l’inferno su quella montagna”). Seguiranno altri drammi, piccoli e grandi, pubblici e privati- bisogna consegnare la campana, la voce del paese e non solo della chiesa, due traditori vengono giustiziati, tedeschi e ungheresi danno il cambio agli austriaci nella villa, i gatti finiscono in pentola (ma Teresa è una cuoca così brava che sembra di mangiare coniglio), Giulia dai capelli rossi stuzzica Paolo, si concede (probabilmente) al custode facendo ingelosire Loretta (e come possa essere letale la gelosia di una donna lo vedremo alla fine), un pilota inglese sorvola troppo spesso Villa Spada per ‘leggere’ i messaggi cifrati della nonna (persiane aperte o chiuse, biancheria stesa. Lui verrà preso, e con lui saranno arrestati il custode, il nonno e Paolo). E intanto le truppe passano dal paese, avanzano, si ritirano, si resiste sul Piave (chi ricorda ancora la canzone che, fino agli anni ‘50, si insegnava ai bambini delle elementari e che diceva “il Piave mormorò, non passa lo straniero!”?). Fino alla battaglia campale che fa trasformare la chiesa in un ospedale, con il sagrato e il prato antistante la villa ricoperto di corpi straziati, donna Maria e Teresa che si impegnano come crocerossine: sono le pagine più memorabili del libro, in una scena che fa pensare a Guerra e pace e che grida col sangue l’insensatezza della guerra.
Molesini ha uno stile asciutto, anche se non disdegna inserire alcune note poetiche; i personaggi sono calibrati, alcuni anche naturalmente simpatici, e fra questi pure dei nemici; la narrazione scorre fluida; la trama, dove non poco conto ha lo spionaggio, è indovinata e quindi non c’è da meravigliarsi se questo romanzo riesce ad avvincere dall’inizio alla fine.
Postato da Davide