Il futuro è vintage. Il futuro è incontrarsi tra sconosciuti su una terrazza affacciata un po’ sulla Mole e un po’ sulla collina, e rivolgersi la parola e quasi fare amicizia anche se a Torino, si sa, non si dà confidenza agli estranei. Il futuro è bere the in tazze di porcellana con le farfalle e mangiare torte fatte in casa, è spiluccare fragole rosse su alzatine argentate. Il futuro è inventarsi una cosa e farla diventare realtà, è promuovere il vintage con i social. Il futuro è lo scambio tra privati, da Airbnb al bruch a casa di qualcuno, con un mercatino di abiti fatti da una blogger e libri scritti da una giornalista che pranza davanti a te.
Domenica sono entrata nel Vintage Breakfast Club, che è molto meno cruento del Fight Club. Sono entrata in casa di un ragazzo che non conosco che ha granchi di plastica nella doccia e un cucù sopra il divano e un frigo Smeg verde acido e niente TV. Ho mangiato yogurt e torte e uova strapazzate e focaccia fatta in casa in una terrazza spettacolare, prima che il vento e i pollini ci decimassero. Ho bevuto le tisane di Melissa e toccato gli abiti di Rosaspina Vintage e sfogliato i libri di Simonetta Bosso, perché Torino, alla fine, è un borgo. Mi sono ripresa da una notte insonna causa micia isterica, e ho scoperto un’altra cosa nuova di Torino. L’ennesima, inaspettata, risorsa di questa città.
Tutte le foto sono di Alice Falconieri.
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