Magazine Diario personale

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Da Guchippai
amo i gatti, perciò mi piace fotografarli, benchè siano un soggetto alquanto difficile. credo si possano  dividere in tre categorie: 
  • il gatto pauroso, cioè quello che, appena ti avvicini, sgrana gli occhi, tira indietro le orecchie, si accuccia in posizione difensiva, dopodichè scappa via come una saetta lasciandoti con un palmo di naso;
  • il gatto curioso, ovvero quello che, quando ti avvicini, si avvicina anche lui perchè vuole vedere che cos'è quella strana cosa che tieni in mano e quindi, a meno di non essere muniti di fish-eye, diventa impossibile immortalarlo;
  • il gatto indifferente, che in genere è l'unico che si riesce a fotografare senza problemi. tipicamente rimane fermo nella posizione in cui sta e ti ignora alla grande; in questo caso si è finalmente liberi di scattare quanto si vuole. c'è però un ma: se il gatto ha gli occhi chiusi oppure ha la testa girata, si rischia di passare le ore inutilmente chiamandolo o facendo versi e rumori di ogni tipo per catturare la sua attenzione per far sì che apra gli occhi/si giri. non servirà a nulla: non per niente è un gatto indifferente!
vintage viewsquesta nella foto è la micia Beatrice. faceva parte di una nidiata di gattini che venne abbandonata dentro una scatola nel giardino del Museo Internazionale delle Ceramiche. location interessante per un abbandono di felini, per inciso. poichè all'epoca risultavo ancora come referente per la sezione locale dell'ENPA, chi li trovò mi chiamò chiedendomi di occuparmene. mi ritrovai così con questi tre cosetti minuscoli e pigolanti, e la parte migliore è che con l'ENPA non ci avevo più niente a che fare perchè ne m'ero andata causa estrema stronzaggine della presidente. che fare? avevo già una gatta, oltre a familiari che non volevano altri animali per casa. per prima cosa andai dalla veterinaria, la quale constatò che uno dei micini era da sopprimere; mi arresi alla sua diagnosi, uscendo dallo studio in lacrime insieme ad uno solo di essi, perchè il terzo venne immediatamente adottato. a quei tempi il mio ragazzo, poi futuro marito, abitava ancora in campagna, e così si offrì di prendersi lui Beatrice, che tanto gatto più gatto meno non gli faceva differenza. c'era solo un piccolo problema: la gattina andava svezzata. insomma, andò a finire che, in attesa che fosse grande abbastanza per il trasferimento, andai avanti dandole il biberon non so quante volte al giorno, e poi insegnandole a mangiare cibi solidi. mi ricordo ancora di lei con grande tenerezza; dopotutto non mi è più capitato di essere mamma gatta!!

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