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Viola la pastorella e il Re degli Orsi

Creato il 25 dicembre 2010 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Viola la pastorella e il Re degli Orsi

di Iannozzi Giuseppe

con infinito amore a Vany

Là dove scorrono fiumi di latte e miele, dove c’è sempre il sole vive una bimba piccina. Vive in una casetta né piccola né grande, circondata da un mare di erba e di piante sempreverdi. Nella sua casetta c’è tutto l’indispensabile, un letto soffice, una cucina con il tavolo in legno, una camera piena di giochi e di sogni disegnati sulle pareti, e c’è pure un pozzo d’acqua limpida e fresca.
Viola, così si chiama la bimba che fa la pastorella. Ogni mattino, di buon’ora si alza dal lettino e dopo aver fatto colazione con un bel bicchiere di latte, accompagnata dal suo amico a quattro zampe Halcol, porta le pecorelle e le caprette a pascolare. Passa il mattino a badare al gregge, che in verità non le dà mai troppo da fare: le pecorelle sono soffici e dolci come nuvole, le caprette di tanto in tanto si prodigano in qualche dispetto, ma basta l’abbaiare chiassoso del piccolo Halcol perché tornino calme.

Viola, che tra gli abitanti dei Monti di Panna è anche conosciuta con il nomignolo di Pastorella scalza, ha dunque molto tempo da dedicare ai suoi sogni e al sole. Si allunga sull’erba folta e col visetto rivolto al cielo rimane per delle ore a immaginare i disegni che le nuvole ordiscono.
Nelle ore serotine la piccola Viola prende un po’ di tempo per sé, in ginocchio di fronte a un robusto crocifisso di legno finemente lavorato, rivolge le sue preghiere al Signore. Non chiede mai niente per sé e mai qualche cosa di sconveniente, solo prega perché gli affetti cui tiene con tutto il cuore le rimangano accanto fedeli. Dettate le preghiere serali Viola prepara il desco, ma prima riempie la ciotola di Halcol che è ghiottissimo di pescetti. La pastorella li pesca nel pomeriggio al fiume. E mentre li pesca qualcuno finisce direttamente nella sua boccuccia; è difatti impossibile resistere ai pescetti che nuotano in copiose quantità nel Fiume di Latte, anche se a dire il vero non sono proprio dei pesci, assomigliano molto molto di più a dei biscotti.
La vita di Viola la pastorella scorre felice senza intoppo alcuno. Quando la Luna si piazza in cielo con il suo volto pallido la bimba le oppone il suo faccino rubizzo. Ben presto fate e spiritelli le si fanno d’attorno, e lei prende a raccontar loro favole, il più delle volte inventate lì sul momento: la fantasia non le manca e di buon cuore abbonda. Ogni creatura del Bosco Fatato le è amica e anche i troll, che per loro natura son disposti a fare sgambetti, al cospetto della bimba si fanno placidi e per quanto non proprio belli i loro faccioni si colorano d’un’insperata bontà.
Per Viola si può dire che son rose e fiori ogni giorno, non fosse che…
Be’, forse è il caso di spiegare la cosa dall’inizio.
Un giorno la bella pastorella si spinge insieme al suo gregge di bianche pecorelle su un bel prato ricco e verde. Halcol le trotta al fianco e di tanto in tanto, più che altro per darsi un tono, abbaia, allora Viola lo prende per un momento in braccio, gli distribuisce carezze sul capo e poi lo rimette sul prato felice e scodinzolante.
Quando la cosa ha inizio è un giorno come tanti altri, il sole caldo al punto giusto, i Monti di Panna bianchi e illuminati sullo sfondo, la terra tiepida e morbida. Viola saltella felice tra le pecorelle ora abbracciandone una ora un’altra. Le caprette fanno a gara per portarla a dorso e la piccola pastorella, per farle contente tutte, resta un po’ in groppa a ognuna di loro. Ad un certo punto però, fra lazzi risate e scherzi, un’ombra si para davanti al gregge, che subito s’arresta. Un pastore con una gran barbaccia nera, grosso quanto un toro e non meno brutto, inzaccherato di fango e di chissà cos’altro, vestito come uno zampognaro, ferma il gregge di Viola. Gl’è bastato mostrarsi alle pecorelle perché quelle si ritraessero spaventate. Halcol, dal canto suo, s’è lasciato andare, cioè se l’è fatta sotto, sull’erba e subito è andato a nascondersi dietro la sua padroncina.
Il pastore puntando i suoi occhi neri sulla piccola Viola intima l’ALT e scuote il gran testone, sbuffando come certi treni a carbone.
Viola s’imbroncia, un pochettino soltanto e con un filino di voce chiede di poter passare.
“Perché mai?”
“Per le mie pecorelle e per me anche, sul prato verde io guardo il cielo e sogno di galleggiare insieme alle nuvolette”.
La risposta fa sorridere il pastore.
La giovane non sa come interpretare quel sorriso: dentro di sé pensa che il pastore ha un sorriso bastardissimo. Gli sarebbe persino simpatico non fosse per il fatto che non vuole lasciarla passare.
“Di qui non si passa”, borbotta il pastore barbuto.
“Perché?”, vuol sapere la pastorella con voce che è un pigolio: “Ti ho forse fatto del male o pensi che te ne possa fare?”
Il pastore si sfila il berretto di lana che gli copre la testa e con una mano comincia a grattarsela. E’ in evidente stato d’imbarazzo, non sa che rispondere. Lui sa soltanto che dove ci sta lui non deve starci nessun altro.
Alla fine le risponde che è per via d’una “questione politica” che lei non può passare.
“E che cos’è la politica?”, vuole allora sapere Viola che la politica non sa davvero che cosa sia.
Il pastore comincia a sudar freddo. Grosse gocciole di sudore cominciano a scivolargli sulla fronte, che definire spaziosa sarebbe un complimento. Sbuffando e scaccolandosi cerca una risposta: “E’ l’arte di governare una città”.
Viola rimane sovrappensiero un paio di secondi e ribatte: “Siamo punto e daccapo. Non lo so mica che significa governare! Perché non parli in maniera più semplice così che tutti ti possano comprendere?”
Il pastore arrossisce, forse più imbarazzato che arrabbiato. La testa pelata gli si fa rossa al pari d’un pomodoro e balbettando spiega che governare è come reggere il timone d’una barca affinché questa solchi le onde e non affondi nelle acque altrimenti pericolose ed infide.
Sentita la spiegazione, la bimba rimane un po’ sulle sue. Lei è sempre andata sul fiume con la sua barchetta e basta. Non ha idea di cosa sia il timone, però arguisce che dev’essere uno strumento un po’ bizzarro.
“Io sul fiume vado con la mia barchetta e lascio che le onde mi guidino e non mi è mai capitato niente. Non ho mai avuto quel coso che tu chiami timone, e come puoi ben vedere sono qui. Il buon Gesù non permetterebbe mai che mi capitasse qualche cosa di brutto…”, spiega la pastorella al pastore testone. “Secondo me tu non vuoi che io e le mie pecorelle passiamo di qui, ecco tutto”.
A questo punto il pastore avanza d’un passo con aria minacciosa. Ma prima che abbia tempo di farsi dappresso alla piccola Viola, si trova suo malgrado faccia a faccia con la Stregaccia che come suggerisce il nome è una strega in tutto e per tutto, anche per aspetto. A differenza di tutte le altre streghe però non è cattiva, è soltanto brutta di natura. La Stregaccia punta il suo dito ossuto e unghiuto sul pastore, che non può fare a meno d’arretrare inciampando nei suoi propri passi e finendo così seduto per terra.
“Che vorresti fare a questa bimba piccina, brutto Re degli Orsi?”, sbraita la Stregaccia. “Non ti osare nemmeno pensarlo…”
Invano il Re degli Orsi – si chiama difatti così il pastore barbuto – tenta di difendersi: “Io non volevo farle nulla di male”.
“Ed allora perché l’hai fermata? A me non la dai a bere”.
“Le ho solo spiegato che di qui non si può passare”.
“Questa landa non è tua”.
“Ma il Creatore mi ha assegnato questo fazzoletto di terra e questa parte nella storia ed io devo obbedire. E’ la politica”.
“Se non la pianti di dire castronerie ti spacco la testa col bastone”. E così dicendo la Stregaccia tira fuori da sotto il caffetano nero un grosso nodoso bastone di frassino.
La Stregaccia e il Re degli Orsi si fronteggiano. A Viola lo spettacolo di due adulti grandi e grossi che sputano paroloni non interessa affatto, così, senza colpo ferire, se li lascia alle spalle convinta che i due in un modo o nell’altro risolveranno le loro divergenze. Non teme che i due si possano far del male, non sul serio comunque: Gesù non lo permetterebbe mai e poi mai.

Il Re dei Orsi, dopo l’incontro con la bimba e la Stregaccia, rimane un po’ così, sulle sue. In una poche parole si fa scorbutico, più del normale. Si lambicca il testone intorno al significato di politica e governo, ma senza mai venirne a capo. Quando gli sembra d’aver trovato la soluzione, in un baleno o quasi, capisce che si tratta soltanto d’un serpente che si morde la coda.
La piccola Viola dal canto suo non si dà pena, politica e governo non sono cose che la turbano, mentre il Re degli Orsi un po’ la interessa. Nei giorni successivi all’incontro pensa che il pastore barbuto è proprio scorbutico e che però potrebbe essere simpatico se solo si rilassasse un po’.
La Stregaccia invece imperversa per valli e monti gridando che avrà la pellaccia dell’Orso. Viola non si preoccupa delle minacce della strega né il Re degli Orsi dà peso alla cosa, entrambi sanno che la Stregaccia ama urlare e che del male a qualcuno non l’ha mai fatto, non sul serio in ogni caso.

I giorni trascorrono senza particolari motivi di preoccupazione. Solo la Stregaccia fa inalberare gli abitanti dei dintorni, le sue urla difatti si sentono fino al Settimo Cielo e non fosse che Dio è molto ma molto paziente…
Si diceva dunque che il calendario lascia cadere i giorni, quand’ecco che Viola si trova a dover fronteggiare per l’ennesima volta il Re degli Orsi. Il pastore gli si presenta davanti mentre sta tornando a casetta sua dopo aver lasciato libere pecorelle e caprette di brucare l’erbetta fresca nei prati.
Il Re degli Orsi, come la prima volta, intima l’ALT. Viola questa volta però non è troppo ben disposta a fare domande, ha infatti capito che il pastore è un testone e che solo le vuole fare dispetto.
“Lasciami passare, bruttone!”, pigola la bella pastorella. “Non hai diritto di chiudermi la strada”.
“E’ una questione di politica”, ribatte il Re placido.
Le gote della Pastorella scalza s’imporporano d’una leggera rabbia: “Ma quale politica e politica! A te ti va solo di pestarmi i piedi, diciamo le cose come stanno”.
“Anche se fosse, il fatto è che sempre di politica si tratta”.
“Più che un testone sei un buffone, altro che Re!”
Il pastore non se la prende, dà invece in una cavernosa risata che riecheggia per monti e valli e che arriva fino all’orecchio della Stregaccia, che stava dormendo nella sua grotta con la testa poggiata su una bella pietra dura vecchia di migliaia di anni. Si sveglia e in un momento è pronta a strepitare e a minacciare malie, quando s’accorge che la risata che le trafora i timpani ha qualcosa di strano. Non è del Re, cioè non è soltanto sua. La strega strabuzza gli occhi cisposi. Non capisce. Esce dunque dalla sua grotta e segue l’eco della risata.
Quando la Stregaccia arriva sul posto lo spettacolo che le si para davanti agli occhi, poco ci manca, che le provochi un coccolone. Quello scorbutico del Re se la ride della grossa seduto a gambe incrociate sull’erba tenendo in braccio Viola, che si diverte a tirargli la barba e a ridere. La risata cristallina della bimba piccina si mischia a quella più gutturale del pastore barbuto. Viola gli racconta chissà quali favole, con tutta probabilità quelle favole che per tanti giorni ha immaginato puntando gli occhietti voraci al cielo. Pecorelle e caprette, oramai non più timorose, brucano in santa pace intorno ai due personaggi, mentre Halcol un po’ geloso della nuova amicizia della sua padroncina non disdegna di fingersi offeso scuotendo ora la testolina ora il sederino pizzuto. Seppur a malincuore la Stregaccia depone le armi, cioè il bastone nodoso di frassino che intendeva rompere sulla testaccia del Re. Poi anche lei si unisce al coro delle risa con la sua vocetta stridula.

Chi oggi va a trovare la Pastorella scalza prima incontrerà nel suo giardino un tipo alquanto strano che armato di falcetti e forcone cura le piante al pari d’un perfetto giardiniere. Un tempo era conosciuto per essere il Re degli Orsi, e ancor oggi è un Re però estraneo alla politica, con la testa spesso persa fra le nuvole. Viola si diverte insieme al Re a inventare storie e filastrocche, che in un secondo momento mettono per iscritto sul loro diario, il Grande Libro Mastro. Qualche volta la Stregaccia viene invitata a cenare insieme a loro e tutti insieme ridono e brindano alla vita non senza aver prima pregato e ringraziato come si conviene il Signore Iddio.


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