Tre linee narrative. Tre gabbie di quotidianità. Tre binari che confluiscono in un’unica grande storia. Momenti unici, particolari e drammatici che rincorrono il vivere d’ogni giorno e che, tra dubbi e fragilità, scalfiscono il carattere di uomini sicuri del proprio volere e pronti a tutto pur di ottenerlo.
Tutto questo è Violazione di Alessandra Sarchi, un romanzo che mette in luce il conflitto tra gli interessi individuali delle persone e le regole imposte dalla collettività. Un libro, edito da Einaudi nel 2011, che svela il bisogno dell'individuo di proteggere e coltivare il proprio giardino, anche a costo di trasgressioni sempre maggiori.
Un'opera attuale, composta – come dicevamo – da tre storie, tre sezioni che iniziano separate e confluiscono in un’unica torbida vicenda.
I primi personaggi ad apparire sono Linda e Alberto, residenti al centro di Bologna, ma impazienti di vivere in campagna, all’aria aperta e crescere i propri bambini in libertà. Un desiderio che pare concretizzarsi grazie alla tenuta I Cinque Pini. Un possedimento a circa 6 chilometri dalla città, con tanto di azienda agricola, allevamento e coltivazioni biologiche. Una tenuta messa in vendita da Primo Draghi, un altro protagonista della storia.
Nonostante il loro sogno stia per realizzarsi, Linda e Alberto avvertono, però, una strana insicurezza. È come se il meraviglioso mondo offerto da Primo e dalla moglie Jenny nascondesse qualcosa di strano, di sgradevole.
Jon, il figlio di Natasha, la domestica della tenuta, comincia ad avvertire sentore d’irregolarità. Ma è di Alberto la scoperta definitiva: I Cinque Pini è una collezione di abusi edilizi, una struttura illegale costruita su di un'area protetta. L'uomo, tuttavia, decide di non modificare i suoi piani: insieme alla moglie e ai figli si trasferisce nella casa, fino a quando un evento drammatico non entrerà in gioco, modificando per sempre le vite di tutti.
Le linee narrative s’intrecciano e descrivono le azioni di un arrampicatore sociale senza morale, spietato al punto di uccidere; e si legano alle vicende di una famiglia come tante, con desideri comuni, e a una storia d'immigrazione per nulla eccezionale.
Districandosi tra una società brutale e crudele, la Sarchi descrive un mondo dove gli abusi e i soprusi non sono più straordinari, ma legati alla normalità. O almeno così sembra, finché lo straordinario non piomba davvero nel vivere quotidiano e spezza tutti i legami con la banalità, trasformando i giorni in un miscuglio acido di sensazioni amare, dove ciò che sembrava raro e che, invece, era consueto, viene sgretolato da qualcosa di veramente unico, tragico e irreparabile.
È quello il momento della violazione, la frattura insanabile tra l’egoismo e le regole del vivere civilmente.
Volendo segnalare una nota stonata di questo libro, potremmo indicare la troppo lenta narrazione dell’autrice che, almeno nei primi capitoli, stenta a decollare, per poi riprendersi a metà volume. Tuttavia, la tecnica di scrittura e le sensazioni che fuoriescono dalle parole usate e scelte con grande cura offrono un’esperienza magica che difficilmente farà staccare al lettore gli occhi dal foglio.
Tra le caratteristiche di maggior pregio, invece, si può citare senza dubbio l’incipit: ben scritto e capace di creare tensione crescente e voglia di continuare la lettura. In merito, Daniele Giglioli su Il Corriere della Sera scrive «I momenti più belli, come l’incipit, formidabile, sono quelli in cui la coscienza è colta al suo risveglio dal sonno…».
Ottima è anche la costruzione dei personaggi che sembrano sospesi tra il bene ed il male, senza mai schierarsi apertamente, creando nel lettore un’aspettativa particolare che, spesso, non viene rilevata. E ciò incrementa, ancor di più, la voglia di proseguire la lettura.
Violazione, in sostanza, è un romanzo che merita di essere letto, perfettamente all’altezza del successo ottenuto e che – cosa non sempre scontata al giorno d’oggi – si trova in perfetta sintonia con la sinossi: «Alessandra Sarchi mette a nudo le nostre ipocrisie, la nostra voglia di illuderci, credendoci implacabilmente buoni. Mentre alimentiamo la ferocia che cova nel cuore malato della nostra normalità».