Le indagini, condotte dal sostituto procuratore del tribunale di Paola, Giovanni Calamita, hanno avuto inizio il 26 ottobre, in quanto la vittima, dopo anni di abusi, avrebbe confidato ad alcune amiche l’accaduto. I carabinieri, allertati dai genitori di queste ultime, hanno tempestivamente avviato una serie di colloqui tra la vittima e gli psicologi, grazie ai quali sono riusciti a ricostruire interamente i fatti. Era da tempo che l’adolescente era soggetta ad atti di violenza sessuale da parte del patrigno: “La piccola oramai sottomessa alla volontà del suo orco – si legge nel rapporto dei carabinieri – riusciva a far fronte a questa situazione solo ricorrendo all’uso di una penna e di un foglio, su cui imprimeva le parole e le figure del proprio dramma”.
Il reo di tali atroci misfatti, interrogato dalle forze dell’ordine, ha dichiarato di “essere innamorato della piccola” e che i rapporti sessuali avvenivano in modo “molto naturale, senza alcuna costrizione”. L’uomo, arrestato al termine delle formalità di rito, è detenuto presso la casa circondariale di Paola.
Un terribile episodio fra i tanti, che si colloca in un clima di estrema intolleranza verso il “gentil sesso”. C’è una domanda inquietante che continua a non trovare risposta: perché in Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa o subisce maltrattamenti da un uomo che dice di amarla? Profanazione estrema del termine amore, patologie individuali che minano il senno degli uomini, oppure espressione di un preciso momento storico di un Paese, che non solo sta vivendo una fase di arretratezza economica, ma che non è capace di tutelare nemmeno i diritti inviolabili della persona.
Governo e istituzioni spesso non rappresentano una soluzione ma costituiscono il problema. Verso la metà di ottobre è stata approvato dal Senato il decreto legge sul femminicidio, che a detta degli organi di competenza doveva avere una corsia preferenziale. Nel provvedimento, oltre agli articoli sul tema suddetto, è entrato di tutto: dalle misure per la messa in sicurezza dei cantieri Tav, alla salvezza delle provincie.
Coloro che dovevano affrontare il tema della violenza sulle donne, non hanno formulato una legge ad hoc, con l’obbiettivo di proporre risoluzioni concrete e tangibili – come delle pene più severe, o una reale prevenzione di tali crimini – ma si sono limitati a redigere un testo legislativo che né mette in sicurezza le medesime, né prende in considerazione l’urgenza della questione, ma si delinea come un semplice “pacchetto di sicurezza”.
La violenza di cui si tratta è radicata, persistente, accade ovunque, in ogni cultura, senza distinzione di censo, religione o zona geografica. Una violenza che uccide più degli incidenti stradali e che costituisce la prima causa di morte nel mondo per le donne tra i 16 e i 44 anni. Una situazione allarmante che dovrebbe scuotere le coscienze di una nazione che si definisce civile.