A volte serve un fatto. A volte serve raccontare un fatto per non raccontarne un altro. A volte serve creare un fatto da raccontare per non raccontare un altro fatto. Questo è quello che è accaduto a Genova prima, durante e dopo la partita Italia – Serbia. Gli ultra-nazionalisti serbi sono cosa nota. E i tifosi della Stella Rossa e del Partizan di Belgrado sono conosciuti in tutta Europa – specie da chi li deve conoscere per il suo stesso ruolo, cioè i servizi segreti – come il braccio armato di questa frangia politica. Collusi con la mafia balcanica non possono certo essere considerati un gruppo di scalmanati cui piace menar le mani. Solo qualche giorno fa hanno attaccato e creato forti disordini a Belgrado durante il Gay Pride. Tutte queste notizie sono, o dovrebbero essere, ben note ai nostri servizi e al nostro ministro degli Interni Maroni. Inoltre le autorità serbe affermano di aver inviato dettagliate informazioni all’Italia allo scopo di scongiurare che accadessero disordini del genere e non vedo il motivo per cui non avrebbero dovuto farlo.
Come mai allora allo stadio sono entrati bengala, fumogeni, cesoie e tutta l’artiglieria che questi delinquenti sono riuscita a far passare tra le maglie della sicurezza? I tifosi genovesi sono stati accuratamente perquisiti. Come mai quelli serbi no? Dopo l’entrata in vigore delle ultime normative sulla sicurezza negli stadi dovrebbero essere in atto misure molto severe ed efficaci per evitare che si entri allo stadio con strumenti di questo tipo ma, a quanto pare, queste misure sono state adottate solo nei confronti degli italiani e non verso i Serbi che pure erano da considerare estremamente pericolosi. Viene da pensare che si sia trattato di leggerezza da parte delle forze dell’ordine e dei responsabili della sicurezza. Ma davvero vogliamo credere a tanta inettitudine?
In Italia stiamo vivendo un particolare momento politico e sociale, molto grave e delicato. Chi ci governa, chi governa le forze dell’ordine, chi gestisce l’informazione ha tutto l’interesse che si parli il meno possibile di questo. Per farlo è necessario virare l’interesse dell’opinione pubblica verso qualcosa di ancora più mediaticamente appassionante. La brutta storia della ragazza pugliese uccisa dallo zio in questo senso è stata una benedizione ma l’occasione di avere in casa i “cattivi” per eccellenza, tatuati, brutti, violenti, repellenti e con tanta voglia di creare disordine andava sfruttata. Certamente non si poteva consentire che mettessero a ferro e fuoco Genova e il Marassi. Così li si è lasciati fare fino a un certo punto. Si è lasciato che creassero disordine ma in maniera limitata. Li si è utilizzati. E loro, che credevano di sfruttare la situazione per i loro scopi da mentecatti pericolosi, sono invece stati sfruttati a loro volta. E oggi i giornali e i telegiornali non parlano d’altro. Ministro Maroni, missione compiuta.