Ragusa: Un’inchiesta dell’Espresso, supportata da un’ indagine di una ricercatrice dell’Università di Palermo, ha portato alla luce gli orrori vissuti ogni giorno dalle donne dell’est Europa che lavorano nelle campagne tra Marina di Acate e Santa Croce Camerina. Sono per lo più rumene e vivono in case isolate dai centri urbani e disseminate nei campi, sono strutture rurali che hanno poco da offrire. Le braccianti fanno presto ad abituarsi a vivere in modo misero perché ritrovavo le stesse condizioni dei loro paesi. Ad offrire loro l’alloggio sono i proprietari delle aziende agricole, per lo più a conduzione familiare, ma oltre alla “carota” danno loro il “bastone”. Chiedono e pretendono rapporti sessuali dietro la minaccia di non dare più cibo alle donne e ai loro bambini. Sì, ci sono anche i bambini, che vivono insieme alle loro madri. Per mandare a scuola i bambini, che vengono accompagnati dai “padroni”, le donne devono darsi nel senso più carnale del termine. Sopportare è l’unica cosa che possono fare.
C’è chi però ha avuto il coraggio di scappare nel cuore della notte e chiedere aiuto. La Cooperativa Proxima si occupa del problema delle vittime della tratta e offre un centro di accoglienza per le donne. Restare nel centro però non sempre è facile perché le donne spesso ritornano nei campi, attirate dal guadagno.
Altro problema è la contraccezione inesistente e quindi il ricorso alle interruzioni di gravidanza. Non è semplice però, perché nella zona del vittoriese i medici sono per la maggior parte obiettori di coscienza e quindi bisogna rivolgersi ad altri ambulatori, come ad esempio quello di Modica. Questo però porta a un sovraccarico delle richieste e quindi a un allungamento dei tempi, superando così il limite dei tre mesi previsto dalla legge.
Le braccianti rumene non sono solo vittime ma anche carnefici, così vengono definite dall’ ignoranza di alcune donne della zona. La colpa è loro che tentano il maschio siciliano, non dell’uomo animale che vuole soddisfare la sua meschina focosità.