L'ultimo abbraccio fra Violetta e Alfredo (atto III, scena ultima) [1]
L'opera verdiana, andata in scena per la prima volta il 6 marzo 1853 al Gran Teatro La Fenice di Venezia, traspone in musica la vicenda di Violetta Valery (Marguerite Gauthier nel romanzo francese) e dialoga con il testo originario grazie all'intervento del librettista Francesco Maria Piave, in una strutturazione di tre atti in cui scene di dialogo e intimità si alternano a momenti di forte coralità, non sempre compenetrati con lo svolgimento del dramma.
A. Dumas, G. Verdi e F.M. Piave
Il melodramma si mantiene piuttosto fedele alla narrazione di Dumas: cambiano solamente i nomi dei personaggi e pochi particolari dell'intreccio (le circostanze dell'innamoramento fra Violetta e Alfredo Germont, la disfida al gioco e in duello fra il protettore della cortigiana e Alfredo e la riconciliazione fra i due amanti prima della morte di lei). Dopo la dichiarazione di Alfredo a Violetta nel corso del celeberrimo brindisi in casa della donna, infatti, la storia di Violetta si sovrappone quasi totalmente a quella di Margherita, ripercorrendo la nascita dell'amore, il breve periodo di convivenza felice fra gli innamorati, l'improvvisa e sofferta separazione cui la donna è mossa per l'intercessione del signor Germont, padre di Alfredo, e il peggioramento delle condizioni di salute della donna, logorata dalla tisi.
La bellezza e il trasporto del romanzo rivivono con un'intensità amplificata dalla musica e dalla perfetta commistione fra parole, suoni, gesti ed espressioni che solo il melodramma può creare: e l'emozione inizia non appena, nel suggestivo scenario areniano e sotto il cielo che, poco a poco, si fa scuro, si leva il suono degli strumenti che si accordano nella cavea. All'entrata del Maestro, il palcoscenico, caratterizzato da una scenografia molto particolare e ardita, che rievoca le forme della mobilia che Violetta è costretta a svendere per pagare i propri debiti, inizia a popolarsi di figure silenziose. All'atmosfera prima triste, poi sognante e delicata dell'overture si sostituisce in breve quella briosa e scanzonata della festa in cui si leva il coro Libiamo ne'lieti calici, i cui versi ricordano la canzone laurenziana del Trionfo di Bacco e Arianna, un inno alla giovinezza e al piacere dei suoi anni fugaci.
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Alfredo:L'atto secondo ospita un radicale cambiamento di scena: non più Parigi, non più le sale affollate delle case cittadine, non più i corteggi di ipocriti, ruffiani e cortigiane, ma il rifugio campagnolo dei due amanti, la cui tranquillità, però, è presto rotta dall'arrivo di Germont, che, facendo appello all'amore di Violetta, la convince ad abbandonare l'amato per non distruggere l'armonia della sua famiglia, che rischia di cadere nella vergogna e nella sofferenza per la cattiva reputazione che la relazione di Alfredo getta sulla purezza della secondogenita, che rischia di essere per questo abbandonata dal promesso sposo. Si consuma così, con grande dolore per entrambi, la separazione che Violetta motiva con la falsa notizia del rifiorire del suo amore per il barone Duphol, suo protettore, per non insinuare inquietudini nel rapporto fra padre e figlio Germont e che la donna affida alla nota chiusa del suo serrato dialogo con l'amante:
Libiamo, libiamo ne' lieti calici,
che la bellezza infiora;
e la fuggevol fuggevol'ora
s'inebrii a voluttà.
Libiam ne' dolci fremiti
che suscita l'amore,
poiché quell'occhio al core
Onnipotente va.
Libiamo, amore; amor fra i calici
più caldi baci avrà.
Tutti:
Ah! Libiam, amor fra i calici
Più caldi baci avrà.
Violetta:
Tra voi, tra voi saprò dividere
il tempo mio giocondo;
tutto è follia follia nel mondo
Ciò che non è piacer.
Godiam, fugace e rapido
è il gaudio dell'amore;
è un fior che nasce e muore,
né più si può goder.
Ah! Godiam c'invita c'invita un fervido
accento lusighier.
Tutti:
Ah! Godiamo, la tazza e il cantico
la notte abbella e il riso,
in questo in questo paradiso
ne scopra il nuovo dì.
Violetta:
La vita è nel tripudio...
Alfredo:
Quando non s'ami ancora...
Violetta:
Nol dite a chi l'ignora.
Alfredo:
È il mio destin così...Ah!
Tutti:
Godiamo, la tazza la tazza e il cantico
la notte abbella e il riso,
in questo in questo paradiso
ne scopra il nuovo dì.
Violetta:
Ch'ei qui non mi sorprenda...
lascia che m'allontani... tu lo calma...
ai piedi suoi mi getterò... divisi.
Ei più non ne vorrà sarem felici...
perché tu m'ami, Alfredo, non è vero?
Alfredo:
O, quanto Perché piangi?
Violetta:
Di lagrime avea d'uopo... or son tranquilla,
lo vedi? Ti sorrido...
Sarò là, tra quei fior presso a te sempre...
Amami, Alfredo, quant'io t'amo Addio.
La seconda metà dell'atto secondo è nuovamente ambientata a Parigi, nei saloni del gioco, dei piaceri e delle feste variopinte del barone Duphol, al quale Alfredo lancia una sfida mortale da cui il protettore di Violetta uscirà vivo, ma ferito. Solo dopo lo spiacevole episodio, Germont si decide a rivelare ad Alfredo i reali sentimenti di Violetta, ma ella, prima che il suo amante arrivi a porgerle l'ultimo, accorato saluto, ha già pronunciato il suo lamento di congedo dalla vita.
Violetta:
Addio, del passato bei sogni ridenti,
le rose del volto già son pallenti;
l’amore d’Alfredo pur esso mi manca,
conforto, sostegno dell’anima stanca
ah, della traviata sorridi al desio;
a lei, deh, perdona; tu accoglila, o Dio,
or tutto finì.
Le gioie, i dolori tra poco avran fine,
la tomba ai mortali di tutto é confine!
Non lagrima o fiore avrà la mia fossa,
non croce col nome che copra quest’ossa!
Ah, della traviata sorridi al desio;
a lei, deh, perdona; tu accoglila, o Dio.
Or tutto finì!
La Traviata è un'opera che, a differenza di altre punte di diamante del programma dell'Arena, come Nabucco o Aida, gioca più sulla sfera dei sentimenti privati e delle sofferenze quotidiane che su temi comunitari o su grandi affreschi di civiltà: il coro, che assume funzioni diversissime, dal popolo parigino alla compagnia di matadores e zingare fino ai mascheranti del carnevale, ha un ruolo di contorno che produce il particolarissimo effetto di isolare ancor di più Violetta, Alfredo e il loro amore tormentato. Ho avuto quindi modo di sperimentare un genere di rappresentazione diverso dai precedenti: dopo i grandi imperi di Egitto e Cina descritti dalle poderose scene e dai variopinti corteggi di Aida e Turandot, dopo i bagni di folla nel pueblo della Carmen e le scaramucce domestiche del Barbiere di Siviglia, Violetta e Alfredo mi hanno fatto vivere una storia completamente nuova, spettacolare e commovente.
C.M.
NOTE:
[1] Le foto della rappresentazione sono tratte dal sito della Fondazione Arena.
[2] Libiam ne'lieti calici, dalla rappresentazione del 2011.