Milano delle fabbriche che non ci sono più, delle lotte operaie che si sono spostate in periferia o nelle città vicine. Milano e il vintage che è sempre di moda, dai vestiti, alle scarpe, dalla musica nei locali al design, alle Brigate Rosse.
Una città che sta prendendo i contorni di quegli anni ’70 che si vorrebbero dimenticare. Li han chiamati anni di piombo ma sono stati anche di ferro, come le chiavi inglesi usate dai katanghesi, di pietra,come i sassi divelti dal selciato e lanciati ad altezza uomo, di benzina, come le molotov lanciate in barba alla crisi del petrolio.
Milano e i muri pieni di scritte che inneggiano alla colonna Walter Alasia, ad Al Fatah, all’Ira, alla Raf, a Prima Linea, agli Ak47, alle p38, alle Hazet 36 ( le chiavi inglesi). Milano e la violenza che torna, nelle vie buie con i troppi stupri,nelle gang straniere che si fronteggiano tra la gente, con le missive a Casapound firmate Brigate Rosse, con le scritte sui muri inneggiando a un passato non troppo lontano, che trova ancora le sue idiozie tra le urla ,dentro alle aule del Tribunale, di chi terrorista lo è lo è stato o lo vorrebbe esserlo per davvero .
Milano e la sua piazza Fontana senza un chi e un perché. Milano e la criminalità, tra ristoranti e discoteche. Tra carte di credito che sbattono veloci su piattini d’argento di manager sempre meno ricchi e colletti bianchi sempre più precari . Tra mafia e ‘ndrangheta una Milano che guarda all’Expò con speranza e paura, tra racket e il riciclaggio.
Tuttavia, Milano è la città che divora tutto, che tutto fa passare al ritmo delle stagioni, in una lunga passerella implacabile, anche per il male. Per una Milano che è sempre meno da bere e sempre più da digerire si preannunciano tempi grigi anche se oltre lo skyline dei nuovi grattacieli il cielo è sempre azzurro e il sole assomiglia sempre agli ombrellini colorati nei cocktail di Corso Buenos Aires.
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