“Vita” è una parola plurale. Se non in senso strettamente morfologico, certo nella sua capienza, nella natura inclusiva, in ciò che essa contiene. Sotto un singolare femminile, l’italiano racchiude sensi e direzioni diverse. Solo un confronto ravvicinato con la parola può dar conto della sua multiformità, che è anche indicazione di sostanze molto diverse fra loro. “Vita” è un singolare solo apparente. Infatti, altrove non lo è.
“Condizione di ciò che vive, proprietà essenziale degli organismi viventi, in quanto nascono, crescono, si riproducono e muoiono (e anche il principio vitale considerato in se stesso).”
“Modo di vivere di una persona, di trascorrere un determinato periodo in relazione alle diverse circostanze di ordine etico, economico, professionale, sociale, affettivo, spirituale, intellettuale o, anche, agli aspetti esteriori pratici che possono essere presi in considerazione.”
“(per estens.) Vitalità del pensiero; intensità, fervore di un sentimento; energia spirituale o intellettuale; forza d’animo.”
“Forza universale che impregna di se e anima il mondo naturale o spirituale. “
“Forza, efficacia stilistica, di espressione; incisività; icasticità di un’opera letteraria o artistica, di un linguaggio.”
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La parola “vita” esprime tanti significati e accezioni. Il femminile singolare italiano indica tutta la sua portata e la sua capacità di accogliere in sé il plurale. E’ un singolare apparente, manifesto e illusorio allo stesso tempo.
“Il plurale che la vita contiene, in quanto parola e determinazione, è cifra di indeterminatezza oltre che di varietà. La vita è una parola plurale perché non c’è modo di definirla se non imboccando vie diverse, divergenti. Non tanto nei suoi gradi, dall’ameba in su nella moltiplicazione e in giù nel tempo che ci vuole perché la vita si complichi. Vita significa già di per sé una serie di azioni diverse, inafferrabili come unità e fors’anche in reciproca contraddizione. Un insieme incongruo di nascere, nutrirsi, riprodursi e morire. Solo chi vive, muore. Anche questo è un assurdo, cioè qualcosa di indefinibile e che comprendiamo solo per rassegnazione, senza vero convincimento.”
Elena Loewenthal, Vita, Raffaello Cortina, collana Moralia, 2012.