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Vita da editore: Angelo Rizzoli

Creato il 17 marzo 2014 da Diletti Riletti @DilettieRiletti
Angelo_Rizzoli

La Rizzoli Editore ha origine con un bambino, nato a Milano nel lontano 1889 in una famiglia di condizioni più che modeste: una sorella ancora bambina muore per gli stenti, poi il padre si suicida per la depressione dovuta alla miseria. Dei pochi anni trascorsi con la madre, Angelo ricorda l’incubo della povertà estrema (di cui tuttavia non farà mai mistero) in una città benestante, in un quartiere ricco.

Il sollievo di essere infine affidato ad un orfanotrofio maschile, chiamato i Martinìtt (piccoli San Martino, dal nome del santo cui l’oratorio è dedicato), è immenso: povero tra i poveri come lui, Angelo vi resta fino al 1906, conseguendo la licenza elementare e imparando, pare su suggerimento della madre, il mestiere di tipografo.

Uscito dall’orfanotrofio, è fattorino di tipografia, poi a 16 anni operaio presso lo stabilimento grafico Alfieri e Lacroix. Investe immediatamente i primi risparmi in una macchina da composizione da pagare a rate in cinque anni. Nasce in via Cerva, a pochi passi da piazza San Babila, la piccola tipografia A. Rizzoli & C., formata da Angelo stesso e da un solo dipendente. Tuttavia, con immensi sforzi e grande fiducia, il lavoro procede: si stampano biglietti da visita e etichette per le cassette della frutta. I debiti vengono man mano saldati e i guadagni reinvestiti nell’acquisto di nuove attrezzature, poi ci si trasferisce in locali più adeguati. Nel frattempo sposa Anna, una giovane che lo aiuta a mandare avanti la famiglia con il suo lavoro di cucitrice, fondamentale quando Angelo sarà chiamato al fronte, costretto a chiudere la tipografia.

Tuttavia, il giovane Rizzoli torna dal fronte con mille nuove idee e mille energie: raggiunge in pochi anni i cento operai, poi il grande salto da tipografia a “casa editrice”. Acquista dal “Secolo” di Milano titoli di periodici destinati a un vasto pubblico, quali i settimanali Novella (1927), il Secolo illustrato (1927) e Annabella (1933).

Ma è il 1929 la data storica: il primo libro in dispense, Storia del Risorgimento a cura di Cesare Spellanzon, ha un successo enorme. Da qui, l’inizio della grande ascesa con la stampa dell’Enciclopedia Italiana dell’Istituto Giovanni Treccani; in seguito, con la direzione di L. Longanesi, nascono il settimanale Omnibus (1935-37) e la collana Il sofà delle muse (1942) e ancora Oggi (1939-42), per la direzione di A. Benedetti e M. Pannunzio. Ma il vero fiore all’occhiello sboccia dopo la guerra, nel 1949, con la Biblioteca Universale Rizzoli, la Bur, i classici a prezzi popolari. È una sorta di mecenatismo culturale: i grandi libri alla portata di tutti, collana affidata al bravissimo Paolo Lecaldano, intellettuale napoletano che la dirige fino alla chiusura della prima serie, nel 1972, pubblicando 909 titoli. Negli anni ’50 la Rizzoli, ormai divenuta una società per azioni, acquisisce cartiere e stabilimenti grafici, apre splendide librerie a Roma, Milano e New York, pubblica l’“Europeo”, il settimanale “Bella”.

Intanto Angelo Rizzoli scommette nel settore cinema, distribuendo i famosissimi film di Don Camillo, lanciando opere di Rossellini, e soprattutto producendo dapprima La dolce vita dell’allora praticamente sconosciuto Fellini e poi L’eclisse di Antonioni. E vince, vince sempre.

Anche nel settore libri continuano i successi di livello sempre più alto come I classici dell’arte, le Grandi monografie d’arte e, tra le grandi opere, l’Enciclopedia Universale creata con Larousse.

Negli ultimi anni della sua vita Angelo Rizzoli è un uomo molto ricco e deciso a godersi la vita, tra ville ad Ischia, tavoli da gioco e panfili, ma senza mai mollare la presa sul suo impero economico: solo col passare del tempo –seppur malvolentieri – lascia le redini del suo impero economico al figlio Andrea.

Temprato da una vita di sacrifici e di grandi ambizioni, non sembra mai dimenticare le sue origini e le fatiche affrontate per arrivare sino a quelle altezze: le vette della Milano-bene che bambino guardava con invidia. Di lui Oriana Fallaci scrive:

non giocava per vincere, ma per perdere e pagare così il suo debito con la fortuna

Ma il debito più importante Angelo Rizzoli lo ha sicuramente contratto con la sua stessa lungimiranza e la sua infinita tenacia.


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