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Vita e opere di un cameriere

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Vita e opere di un cameriere
Una filettatura grossolanamente eseguita rovinerebbe certamente il lavoro del migliore chef un circolazione oltre a rendere superflua la vita di una sogliola.
(Ennio Stocco - Maitre al Grand Hotel)
Al porto di Rimini, in uno degli angoli della città più caratteristici, più frequentati e di cui i riminesi sono, a ragione, molto gelosi, si trova una libreria un pò particolare. Qualcuno, soprattutto chi ama i libri, potrebbe anche rifiutarsi di definirla così e non avrebbe tutti i torti.
La Libreria del Porto è una tensostruttura in plastica e metallo esposta in ogni direzione agli agenti atmosferici e agli elementi. Sabbia, salsedine e umidità la fanno da padroni, per non parlare del calore, visto che il sole ci picchia sopra senza interruzione dall'alba al tramonto. La conseguenza più evidente di tutto questo la si nota appena entrati: sugli scaffali più di un volume ha la copertina "arricciata", ripiegata su se stessa, in una chiara espressione di disgusto e sofferenza cartacei. Inoltre, prendendo in mano un libro qualunque, si percepisce immediatamente lo spesso strato di sabbia e polvere che lo ricopre. La sabbia è anche all'interno, tra le pagine che frusciano e scricchiolano in maniera impressionante.
Per i feticisti del libro, un'esperienza da non perdere. O da evitare assolutamente.
Comunque sia, se mi trovo da quelle parti non rinuncio mai ad una visita, soprattutto da quando ho scoperto che c'è un angolino dedicato alla riviera romagnola: volumi di editori locali o che hanno ad oggetto la vita, i costumi e le tradizioni di questo lembo di costa. Lì in mezzo ho scovato Maitre al Grand Hotel di Ennio Stocco, per trent'anni al servizio del Grand Hotel di Rimini.
Quindici euro per un volumetto in brossura di 116 pagine più altre 16 di fotografie. Non sono pochi! L'ho acquistato per vedere se mi ci fossi ritrovato almeno un pò, nonostante la differenza di categoria e, di conseguenza, di  tipologia di clientela. E poi ero curioso di scoprire un punto di vista diverso dal mio sulla realtà del turismo romagnolo.
Tanto per cominciare Ennio Stocco non è romagnolo ma veneto. E' arrivato a Rimini nel 1968 dopo varie esperienze in altri alberghi italiani e stranieri. Ha cominciato a fare il cameriere per caso all'età di 16 anni. Non ha frequentato una scuola professionale, a malapena è riuscito a finire le scuole medie, nonostante ciò scrive:
"Il cameriere professionista si riconosce dai dettagli. Il portamento prima di tutto. Il modo in cui si muove fra i tavoli dovrebbe far pensare a quello di un padrone di casa con i suoi ospiti. Cortese, sempre, mai sfacciato, mai invadente. Non ci si intrattiene a chiacchierare più del tempo dovuto e non si affrontano argomenti personali nè si espongono opinioni personali. Su sollecitazione del cliente si dovrebbe essere in grado di parlare per ore del tempo atmosferico".
Lo stile lascia un pò a desiderare, d'accordo, questo non impedisce di evidenziare il fatto più importante: la piena realizzazione della propria vocazione. Non è cosa da poco!
Se penso a tutte le persone che ogni anno si offrono per lavorare in albergo, proponendosi per due o tre mansioni diverse (una vale l'altra, purchè si possa lavorare), mi prende una gran tristezza.
"Nei lunghi anni di servizio ne ho viste di tutti i colori, forme e dimensioni".
Non potrebbe essere altrimenti e sono sicuro che gli aneddoti narrati nel libro costituiscono una minima parte di quelli effettivi. Inoltre, quando si lavora per una vita nel settore dell'accoglienza, si sviluppa una deontologia del tutto simile a quella di un medico, un avvocato o un giornalista, e anche dopo il congedo non si può venir meno agli obblighi nei confronti dei pazienti,  degli assistiti, delle fonti o dei clienti. E' una questione di onore e lealtà. Probabilmente i segreti più scottanti, le rivelazioni più scabrose, gli avvenimenti più raccapriccianti, sono confidate solo alle persone più vicine e fidate e scompaiono con la morte del loro depositario.
Bush e Gorbaciov, Lady Diana, Shimon Peres, Spadolini, Enzo Biagi, Sharon Stone e naturalmente Federico Fellini. Chiunque sa che il mito del Grand Hotel di Rimini nasce con i suoi film e lui stesso era solito soggiornarci quando tornava a Rimini. Il Grand Hotel era uno dei pochissimi angoli della città sopravissuti al grande cambiamento, dopo le devastazioni belliche e poi con l'arrivo del turismo di massa.  Quando Fellini è partito per Roma nel 1937, la villeggiatura era un privilegio di pochi: ricchi, nobili, gente che aveva troppo tempo libero e doveva trovare il modo di riempirlo. Tutti gli altri erano troppo occupati a cercare di sopravvivere.
Fellini non ha accettato fino in fondo ciò che Rimini era diventata nel secondo dopoguerra e non ne ha mai fatto segreto. Come ha ribadito in più di un'occasione, Rimini per lui era più che altro una "dimensione della memoria "e come tale riusciva a viverla tra le mura del Grand Hotel. Infatti, Stocco  testimonia che quando morì, al Grand Hotel arrivarono decine di messaggi di cordoglio: "...tra questi quello di Woody Allen che credeva che l'albergo fosse di proprietà di Fellini".
C'è un altro aneddoto che, pur non riguardando uno dei clienti dell'albergo, Stocco riporta con dovizia.
Un suo collega con la passione della musica e del canto si doveva esibire in una gara canora in un locale vicino al Grand Hotel. La proclamazione del vincitore sarebbe stata decisa dagli applausi. Stocco e gli altri colleghi, non potendo permettersi l'ingresso e le consumazioni del locale, facevano il tifo dall'esterno ma quando l'organizzazione si accorse del baccano proveniente da fuori, squalificò il povero concorrente decretando la vittoria dell'avversario, un certo Silvio Berlusconi.
I ricconi russi, la mucillaggine, i furti di asciugamani... nell'autobiografia del maitre Stocco c'è tutto il repertorio di quella specie di rappresentazione che va in replica ogni estate ormai da sessant'anni. Stocco è della vecchia scuola e dedica un intero capitolo a magnificare la propria professione, confermando allo stesso tempo il luogo comune che vuole i camerieri attori discreti, spesso inosservati o addirittura trasparenti, ma fondamentali. E non risparmia una frecciata a coloro che si prendono, non sempre meritatamente, la luce dei riflettori:
"Oggi è di moda fare programmi di cucina, vediamo chef da ogni parte, menu creativi, a basso costo, veloci. Applausi, complimenti. Qualche cuoco addirittura è entrato a lavorare in televisione. Non c'è un telegiornale che tralasci la rubrica dedicata alle ricette tipiche o alla dieta mediterranea con consigli e preparazioni culinarie dal vivo. Camerieri mai!"Le vacanze degli altri

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