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Il punto più profondo degli oceani terrestri, la Fossa delle Marianne, non è affatto un ecosistema privo di vita: nella Fossa, infatti, vivrebbero comunità di batteri in numeri 10 volte superiori ad altre regioni di fondale meno profonde.
I batteri che vivono sul fondale marino fanno spesso affidamento ai nutrienti che precipitano dagli strati più superficiali degli oceani: quando la carcassa di un animale marino raggiunge il fondale, viene immediatamente aggredita da una serie di organismi più o meno microscopici in attesa di un pasto.
Si calcola che a circa 3-4000 metri di profondità giunga sul fondale solo una percentuale pari a 1-2% della materia organica di superficie, ma non si ha alcun dato certo sulla quantità di nutrienti che riesce a raggiungere strati più profondi, o addirittura la Fossa delle Marianne.
Dopo il prelievo del materiale fangoso che compone il fondale del Challenger Deep, il punto più profondo della Fossa, i ricercatori hanno analizzato il consumo di ossigeno dei sedimenti, un dato che può rivelare la quantità di organismi microscopici presenti nei campioni.
I livelli di ossigeno sono risultati insolitamente alti, indicando che le comunità microscopiche sono due volte più attive di quelle osservate a circa 60 km di distanza e a "soli" 6.000 metri di profondità.
"Nel punto più remoto e inospitale si può avere un'attività biologica più alta che nei dintorni" spiega Ronnie Glud, biochimico della Southern Danish University . I sedimenti hanno inoltre densità di microrganismi molto superiori ad altre località limitrofe, probabilmente perché la Fossa rappresenta una trappola naturale per tutti i sedimenti provenienti dall'alto, come accade in alcuni canyon sottomarini.
"La Fossa agisce come trappola perché si tratta di un grande buco. Se c'è un buco in giardino, tenderà a riempirsi perché le cose che gli si avvicinano tenderanno a caderci dentro, e lo stesso vale per il fondale marino" sostiene Glud. La regione, inoltre, si trova in corrispondenza della sovrapposizione di due placche tettoniche, i cui movimenti possono provocare enormi frane di fango che trasportano grandi quantità di sedimenti verso il basso.
Ma i movimenti tettonici sono incostanti, e potrebbero non garantire il giusto ricambio di nutrienti necessario a questi microrganismi per sopravvivere. E' possibile, quindi, che queste creature non facciano affidamento sul materiale organico che precipita dall'alto, ma su altri processi chimici non ancora chiari.
Un esempio potrebbero essere le comunità microscopiche recentemente scoperte all'interno della crosta terrestre, a profondità comprese tra i 300 e i 600 metri dal fondale marino. Apparentemente, questi microrganismi sopravviverebbero traendo energia da alcune reazioni chimiche tra acqua e roccia, invece che fare affidamento sul materiale organico piovuto dall'alto.
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