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Vite sfogliate in camera oscura. Jeanne Hébuterne

Creato il 27 aprile 2012 da Patriziabi (aspassotrailibri) @openars_libri

Noix de coco – dalla parte di Jeanne (di Sabrina M.)

(Meaux, Seine-et-Marne, 6 aprile 1898 – Parigi, 26 gennaio 1920)

Vite sfogliate in camera oscura. Jeanne Hébuterne

Ritratto di Amedeo Modigliani

Jeanne dipingeva dalla finestra, seguendo con attenzione il racconto della luce sui muri scrostati delle case, gustando l’incanto delle foglie tremolanti dietro al vetro, mischiando colori e pensieri in egual misura, come se fossero l’uno il portavoce dell’altro. Mi piace immaginarla così Jeanne, con i capelli raccolti sulla nuca e le dita sporche, in quella porzione di mondo, ritagliata in Rue de la Grande Chaumière, in cui sentirsi lontana da tutto e vicina all’uomo con cui divideva quello spazio di luce, incurante di ogni moralismo.
Lei si chiamava Jeanne Hébuterne. Lui, Amedeo Modigliani. Nome quasi sconosciuto il primo, noto invece a tutti, il secondo.
Si conobbero all’Académie Colarossi, una rinomata scuola d’arte a cui Jeanne si era iscritta presa dal desiderio di intraprendere una carriera artistica, cosa di per sé già insolita per una donna in quegli anni di inizio secolo. Siamo a Parigi, era il 1917 e Jeanne aveva solo diciannove anni; la sua vita incrociò, come accade quando le cose devono per forza accadere, in una congiunzione d’anime, quella del grande Modì, per diventarne l’amata compagna e musa. Un legame fortemente disapprovato dalla famiglia di lei, incapace di accettare l’unione lontanissima dagli schemi preordinati che una ragazza di ‘buona famiglia’ dovrebbe seguire. Un uomo decisamente più grande di lei, dallo stile di vita discutibilissimo, dedito all’alcol, artista bohémien, donnaiolo e per di più squattrinato. Un tipo fuori dalle regole, l’esatto contrario di “un buon partito”. Qualcosa di imbarazzante per una famiglia ‘per bene’, circondata da quel borghese decoro che regala quieto vivere e rassicurante rispetto sociale. Eppure, il loro sarà un amore intenso, viscerale, capace di sopravvivere a stenti e difficoltà, alla salute cagionevole di lui, alle inquietudini di quell’italiano bello e maledetto che un giorno il mondo avrebbe acclamato per il suo indiscutibile genio artistico. Spesso accade che la vita di grandi uomini sia legata indissolubilmente alla vita di grandi donne, presenze importantissime, talvolta confinate in una zona d’ombra, tanto da non riuscire quasi ad isolarne le caratteristiche individuali, come se si trattasse di una sottrazione impossibile.
Jeanne ‘meno’ Modigliani, impossibile! Ma lo era anche il contrario.

Ritratto di Amedeo Modigliani

Ritratto di Amedeo Modigliani

Lei era bella, gli occhi azzurro chiaro, lunghi capelli castani e una carnagione tanto pallida, contrasto cromatico che le valse il soprannome di Noix de coco (noce di cocco). Una personalità difficile da identificare per la sua natura timida e riservata, il temperamento docile, tanto da non essere particolarmente apprezzata dagli amici di Modì, risultando forse poco interessante ai loro occhi, caratterialmente poco appariscente in quell’ambiente frizzante, competitivo, spesso trasgressivo. Jeanne invece era dotata di un notevole talento artistico ed una raffinatissima sensibilità, che il grande Modì aveva immediatamente colto e amato. Lei era, fuori di ogni dubbio, la sua relazione più importante, quella vera, perfetta, l’ultima. Ma il destino, con i suoi percorsi impietosi, volle che la salute di Amedeo -ormai minato dalla tubercolosi e da una vita sregolata- passasse a chiedere il saldo troppo presto, in un momento artistico che avrebbe rappresentato la svolta positiva per l’esistenza di entrambi.
Jeanne, straziata dal dolore, lo raggiunse solo un giorno più tardi, lasciandosi cadere dal quinto piano dell’appartamento dei suoi genitori, dove era stata accompagnata. Rinunciò così alla propria vita, a quella della creatura che portava in grembo e che avrebbe partorito da lì a poco, nonché a veder crescere la loro prima figlia di soli quattordici mesi (che portava il nome della madre). Epilogo tragico di due anime metafisicamente indivisibili; inaccettabile, impensabile, eppure possibile!

Vite sfogliate in camera oscura. Jeanne Hébuterne

Jeanne Hébuterne

Ad accompagnare l’ultimo e precoce viaggio di Modigliani, era presente una gran folla di amici, artisti, poeti, conoscenti. Jeanne fu sepolta (nel modo più discreto e nascosto possibile) in un cimitero di periferia. Solo diversi anni più tardi, la sua famiglia -che nonostante i tragici eventi, mai perdonò quell’unione- acconsentì a spostare il corpo di Jeanne nel cimitero di Père Lachaise dove era sepolto Modì, affinchè riposassero l’una accanto all’altro. Se Jeanne avesse scelto la vita, chissà, forse sarebbe diventata una pittrice famosa, coltivando il suo talento, oppure avrebbe scritto le memorie del suo smisurato amore per uno dei più grandi maestri del novecento: chi potrà mai dirlo!
Chi era allora Jeanne?! “Il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni” diceva Modigliani. Io penso che Jeanne fosse una donna particolarissima e incredibilmente sensibile, di quell’anima tremula e speciale che può trovare piena comprensione solo in un’altra anima affine e complementare; e penso che forse il suo sogno, anche se troppo pochi avrebbero capito e perdonato, seppur dolorosamente, l’avesse seguito fino in fondo.

Consiglio letterario:
Modigliani, mio padre, di Jeanne Modigliani
(ed. Abscondita, 2005, pp. 192, ISBN 9788884161079)


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