Cerimonia conclusiva del premio letterario “Scriviamo insieme” 2014. Ovvero come sfasciare un tablet ed essere felici.
Tutto è iniziato nel peggiore dei modi: mia figlia, fresca reduce dall’influenza, strillava per ogni sciocchezza e insisteva a fare la cattiva, esasperando la mamma che, a ruota, continuava a farmi imbestialire. I miei genitori, saliti per l’occasione da Bari, ci avrebbero raggiunti direttamente al teatro Aurelio, rivelatosi un po’ piccolo e molto fuori mano, soprattutto non adatto a ospitare bambini inferociti.
Il mio tablet ovviamente non voleva saperne di agganciare il segnale GPS e dopo alcuni minuti di apnea ho fatto la cazzata peggiore: gli ho sferrato un cazzotto, sbriciolando il display. Dopo questa prodezza ho preso atto che mi attendevano vari mesi senza WhatsApp e Amazon. è amara la consapevolezza di non poterne comprare un altro, per lo meno non tanto presto.
Però la mia sclerata è servita a qualcosa, moglie e figlia finalmente si sono azzittite e, dopo un giro vorticoso fra Cornelia e Baldo degli Ubaldi, ho posteggiato davanti al teatro con ben cinque minuti di anticipo. Per me, ritardatario genetico, è stato quasi un record.
Abbiamo preso posto in una sala già gremita, il concorso “Scriviamo insieme” impegnava più di novecento opere e i premiati di ieri erano almeno una settantina.
Via via che scorrevano le categorie, cominciando dai saggisti per poi passare ai poeti e ai prosatori, ho capito che il mio turno cadeva sicuramente in dirittura d’arrivo. Non sbagliavo, mia figlia già ai ringraziamenti del terzo poeta ha palesato i noti segnali di insofferenza correndo allegra tra le sedie, inseguita ora da mia moglie ora da mia madre. Invano.
Mia moglie ha pensato bene di dimenticarsi la macchina fotografica, il mio umile trionfo alla fine sarà immortalato solo da un paio di scadentissime selfie da cellulare… tant’è.
Il caldo era terribile e malgrado l’energia degli organizzatori la cerimonia è andata a rilento. Ai vincitori di categoria è stato dedicato (meritatamente) più spazio, ma quei minuti spesi per leggere i loro componimenti sono pesati come macigni.
Bardato a festa in giacca e cravatta non sono mai riuscito a sedermi, fra sudore che colava a fiumi, voglia di caffè e sigarette e continue fughe della bambina.
Sono passate due ore di tormento e alcuni scrittori, disturbati dai capricci di Gabriella, me l’hanno giurata. Per fortuna mia madre ha regalato a mia moglie un corno di corallo!
Finalmente ho sentito annunciare “Vito Introna per il miglior romanzo di fantascienza…” e quel punto sono corso sul palco: luce! Presidente e vicepresidente della giuria mi hanno trattato fin troppo bene, sospetto che da ragazzi siano stati divoratori di fantascienza golden age, non saprei spiegare altrimenti tanto entusiasmo verso un genere letterario che definire “Cenerentola” è un eufemismo.
Alla fine sono uscito in strada e ne ho approfittato per salutare una collega sentita su facebook, insieme a un giovincello che si era appena aggiudicato la coppa per il miglior romanzo giallo.
Gabriella ha spiegazzato l’attestato di merito, forse voleva anche giocare con la coppa, ma il tablet in frantumi sembrava irridermi dal portabagagli… no, i danni erano già abbastanza, la coppa è stata messa in sicurezza.
Alla fine della fiera ho portato a casa coppa e attestato e per me, che non sono un vincente, è stata una grandissima soddisfazione.
Tutto il resto non conta, salvo i 100 euro che mi scucirà il tecnico…
by Vito Introna
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