Ventisette condanne e un’assoluzione: è la sentenza emessa oggi a Taranto a conclusione del processo per i lavoratori dell’Ilva morti a seguito dell’esposizione all’amianto.
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I casi di decesso sono 15 e si sono verificati nell’arco di tempo che va dal 2004 al 2010, quindi gestione sia pubblica che privata dell’azienda siderurgica, tant’è che sono imputati di omicidio colposo i vertici aziendali delle due fasi societarie. L’Ilva è stata privatizzata dall’Iri e venduta ai Riva nella primavera del 1995. Nove anni e sei mesi per Sergio Noce e nove anni per Luigi Spallanzani, entrambi direttori dello stabilimento ai tempi dell’Iri. Sono queste le pene più alte per il processo sulle vittime dell’amianto all’Ilva di Taranto. Otto anni e 6 mesi inflitti a Pietro Nardi, dirigente dell’azienda con la gestione pubblica e oggi commissario della Lucchini di Piombino (ma si fa il nome di Nardi anche come successore dell’attuale commissario dell’Ilva, Enrico Bondi, i cui primi 12 mesi di mandato scadono ai primi di giugno).
Sei anni invece per Fabio Riva, figlio di Emilio Riva, e per il quale il pm aveva chiesto 4 anni e 6 mesi. Non c’è più tra gli imputati Emilio Riva, scomparso il 30 aprile scorso, e quindi gli imputati del processo sono scesi da 28 a 27, mentre è stato assolto Hayao Nakamura, prima consulente dell’Ilva pubblica essendo manager della Nippon Steel, poi divenuto per un breve periodo amministratore delegato della stessa Ilva pubblica.
(agi.it)