Strana guerra quella condotta dall’Italia, al fianco della Nato, contro la Libia. Si è partiti con l’assoluta abolizione del termine, “guerra” per l’appunto, poiché si temeva potesse urtare il sensibile popolo italiano. Berlusconi ha esordito:
“Metteremo a disposizione le nostre basi, ma senza usare i nostri aerei”.
Poi l’hanno informato che gli arei sfrecciavano eccome sopra la Tripolitania, e allora ha corretto il tiro:
“Facciamo attività di ricognizione e controllo, non sganceremo una bomba”.
Sostanzialmente, si è tentato di far la guerra senza far la guerra. Un atteggiamento che ha fatto comodo al Cavaliere che così ha calmato il popolo padano, bellicoso ma mai guerrafondaio e soprattutto attento ai costi, e il resto della pacifica opinione pubblica. Un’attitudine che ha però finito con l’urtare i fruttuosi interessi italiani in terra libica. Si è sbagliato nell’errore di far la guerra.
Dall’alto del “non sganceremo una bomba”, gli arei italiani hanno depositato allegramente sullo scatolone di sabbia (Grazie Giolitti!) circa 800 tra bombe e missili. Hanno individuato 1.500 obiettivi e ne hanno distrutti cinquecento. Si è trattato del più grande volume di fuoco scatenato dall’aeronautica dopo il 1943: gli arsenali svuotati, le armi di precisione a puntamento laser o satellitare esauriti.
I vertici militari hanno voluto sottolineare il non coinvolgimento dei civili. Difficile da credere, vista la quantità di munizioni sganciate, ma sotto l’egida dell’Onu si può mentire che è un piacere.
Il ruolo dell’Italia, nonostante la cortina di silenzio, è stato assolutamente centrale e decisivo: l’80 per cento dei raid arei sono decollati dal Penisola. Ma l’ambiguo comportamento del Governo è costato caro. Prima lo smacco delle bandiere francesi portate in trionfo dai ribelli, poi lo schiaffo ufficiale da parte di Obama che ha ringraziato il direttorio anglo-francese senza citare Roma.
L’Italia è finita così dalla parte di quelli che non hanno fatto niente pur avendo fatto molto, pure troppo. Colpa della volontà di avere la botte piena e la moglie ubriaca: si bombardava eccome, ma in silenzio, per non turbare i benpensanti. A pesare anche il feeling tra Berlusconi e Gheddafi: ancora fa ridere la mancata telefonata alla vigilia della pioggia di fuoco “per non disturbare”. Per far contenti tutti, il premier finisce per scontentare tutti: gli elettori sono irritati per il denaro andato in fumo, anzi in polvere da sparo e le imprese che puntavano a spartirsi il business della ricostruzione si vedranno superate dai dirimpettai inglesi e francesi che viaggiano su una corsia preferenziale.
Tuona il generale Leonardo Tricarico che di guerra la sa lunga visto che è stato il coordinatore delle missioni Nato in Jugoslavia, comandante dell’aeronautica e consigliere militare di D’Alema, Amato e del Berlusconi II:
Il governo è riuscito a perdere la guerra nonostante i successi dei suoi militari. Non si riesce a capire perché si è scelto di non comunicare l’attività compiuta dai nostri aerei sulla Libia. L’informazione è stata ridicola, quasi una presa in giro. I nostri reparti hanno avuto un ruolo importante dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Chi sa che gli aerei italiani hanno sganciato centinaia di bombe? Il cittadino deve conoscere cosa fanno i militari, nel rispetto dei vincoli di segretezza, e come vengono spesi i suoi soldi.
Fonte: L’Espresso