In una metafora tra passato e presente il racconto si snoda tra il mondo della produzione agricola del lavoro manuale a quello meccanizzato che permette alle donne di uscire dalle loro “prigioni dorate domestiche” per rivendicare un posto nelle professioni maschili, milioni di contadine e casalinghe vengono spinte dal bisogno nella produzione su larga scala: la fabbrica, la filanda, la miniera, l’ufficio, diventano i luoghi della rivoluzione industriale. La duplicità misteriosa del femminile, la forza di attaccarsi alla vita, tra cucito e corredo, tra catena di montaggio e bambini sono le spinte che hanno portato avanti la civiltà. Lo spirito di adattamento e la pluralità di mansioni le ha sottratte dalla solitudine delle quattro mura, dando loro la possibilità di trovare altre compagne e compagni con cui ribellarsi alla propria condizione di sfruttate, diventare protagoniste della propria vita, spezzare la propria sottomissione all’uomo, insomma dare un colpo al patriarcato. Possiamo dire che dalle mondine son partiti simbolicamente i movimenti di liberazione delle donne, da lavoratrici della terra a manager, prova incontrovertibile della tenacia e della grinta femminile, testimonianze di grande flessibilità e adattabilità.
Un percorso di evoluzione che ha portato in pochissimo tempo un paese fondamentalmente agricolo e per la gran parte analfabeta a diventare una potenza economica e industriale. Oggi l’informatizzazione crea una comunicazione velocissima che domina i mercati. Internet è infatti il mezzo di comunicazione più diffuso ed utilizzato nel mondo del lavoro.
Negli ultimi anni enormi cambiamenti sono avvenuti sia per i contenuti oggettivi che per le componenti della forza lavoro, sia per le funzioni sociali che per i tempi e i luoghi di svolgimento delle attività, insomma possiamo riassumere dicendo: dalla terra al precariato ma, sempre all’insegna dell’insicurezza. C’è sempre meno spazio per quella cultura riformista che pensava di coniugare liberismo economico ed equità sociale. Per questo ci paiono sempre più stanchi e inutili i discorsi sull’economia di mercato di tanti politici di destra o sinistra. Solo un cambiamento radicale nell’economia e nella società può sconfiggere il disegno reazionario dei poteri e delle forze che ci hanno portato alla crisi attuale e che pensano di farla pagare interamente a noi.
O si cambia davvero o si precipita in una società mostruosa. Forse è proprio la dimensione e la brutalità delle alternative che ci spaventa e frena, ma se questa è la realtà allora è il momento di avere coraggio.