Viva la libertà di espressione – ma qualcuno lo faccia stare zitto

Da Robertodragone

Gli hippie moderni mi sono sempre stati antipatici. Qualche anno fa conobbi un cantante all’inaugurazione di un bar. Questo tizio cantava solo scalzo, per “combinarsi con il mondo”. Ma va a cacare. La cosa che non mi è andata mai giù con questi tizi qui è la loro immagine, o meglio, lo spettacolo apparente della loro personalità che propinano al loro prossimo. Quel cantante scalzo, per esempio, non ricordo neanche come, ma dopo qualche minuto già mi stava rompendo le palle con il suo punto di vista riguardo la società consumistica moderna. Ora, dico io: anche io ho una personalità (per così dire) pacifista e in equilibrio sia con gli altri che il mondo materiale con cui interagisco, e anzi, una volta mi fu detto che sono un “hippie mancato”; ma nonostante ciò non esprimo questo mio carattere così esplicitamente come loro. Perché esprimere così esplicitamente il proprio Io? Per questa domanda, ho sempre trovato la maggior parte degli hippie che ho conosciuto degli attori, insomma non li vedevo sinceri.

Ovviamente, bisogna che chiarisca il termine “hippie”; questo termine è nato grazie a quei giovani che negli anni sessanta protestarono contro il governo americano e la guerra in Vietnam. Quelli erano i veri hippie. Il termine poi si è diffuso, e nella maggior parte dei casi rappresenta individui che non hanno niente a che fare con gli hippie originali. Anche qui in Italia ci sono stati movimenti simili.

Ecco, gli hippie moderni a me stanno antipatici, con i loro discorsi banali e scontati, formati da luoghi comuni. Hanno un modo d’essere alquanto fastidioso. Ognuno è libero di essere quel che gli pare, allora sii quel che cazzo vuoi senza rompere le palle a me. I discorsi di quel cantante scalzo avevano un non so che di esibizionistico, come se si nutrisse dell’attenzione altrui sul suo stile di vita così particolare – insomma, noi il giorno dopo ci saremmo svegliati e avremmo fatto “chissà quale azione ordinaria”, e lui, invece, si sarebbe svegliato nel suo adorato fienile (sì, viveva in un fienile) e avrebbe salutato il sole e la terra nudo come un bonobo (sì, dormiva nudo).

Ebbene, io non indosso un pigiama da diversi anni. Anche d’inverno, dormo in mutande, per una noiosissima teoria che non mancherò di illustrarvi e che prestò mi preoccuperò di brevettare. Anni fa, ho scoperto che dormendo in pigiama d’inverno mi riscaldavo perché il pigiama era caldo, e il pigiama era caldo grazie alle coperte. Così, pensai che se avessi dormito in mutande, le coperte avrebbero riscaldato direttamente le mie gambe e quindi io sarei stato più caldo, e così fu. Da allora, dormo in mutande d’inverno, indossando solo una maglietta a maniche corte, e ovviamente scalzo. Questa magnifica e illuminante teoria della mia tecnica ha un difetto: i piedi sono sempre, e comunque, gelati.

Vedete? A nessuno interessa il modo in cui dormo. Che diavolo dici a fare che dormi nudo in un fienile a uno sconosciuto mezzo ubriaco che annuirebbe anche al suono ripetitivo della sirena di una nave in partenza, poiché la scambierebbe per un discorso, e stranamente se lo fosse sarebbe più sensato del tuo blaterale?

Chi è, è; e non ha bisogno di dire che è.


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