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Vivere a Maggese è tutta un’altra storia

Creato il 02 maggio 2013 da Pasquale Allegro
“Quale titolo daresti ad una vita?”, l’interessante esordio di Marco Cavaliere

Vivere a Maggese è tutta un’altra storiadi Pasquale Allegro
“Non vi è una storia, tra tutte quelle che ho portato via, che non abbia come protagonista un abitante di Maggese”.Che sia una città reale o un fantasioso rimando al Calvino in cartolina, poco importa. Che tra le storie raccontate nel libro ci si possa imbattere nella bellezza, nell’amicizia e nell’amore, o in uno scorcio di cielo tutto da sfogliare, non è affatto un’eventualità da scongiurare. Quale titolo daresti ad una vita?,si chiede Marco Cavaliere, giovanissimo studente lametino d’ingegneria, tutto preso a crogiolarsi nel desiderio di portare a termine la sua trilogia narrativa. Questo primo titolo, definito dallo stesso autore un romanzo di racconti, tanto è evidente un filo conduttore tra le storie, è la prima vera traccia delle sue espressioni di novello scrittore, intanto che gongola tra un Alessandro Baricco (quello più surreale di Castelli di rabbia, piuttosto che quello della danza macabra di Oceano mare) e un Fabio Volo meno spudoratamente moralista di maniera, e più in maniche di camicia. Sono racconti brevi, puntuali, a cui ad ognuno si aggrappa forte un titolo, che scorrono lievi lungo le pagine, come l’Acqua all’inizio del percorso: è l’incipit di un viaggio che va percorso lento però, a piedi nudi, secondo un ritmo d’altri tempi. Ma è solo una prima impressione quella che lascia intravedere una locomotiva a sbuffo, anziché il rosso sfrecciare di un pendolino, perché “così come ogni persona è le storie che ha vissuto” ed “ogni luogo è le storie che lo hanno attraversato”, così ogni lettore è i libri che ha sfogliato e i mondi che questi gli hanno restituito.Ci sono storie allora che ritraggono l’Amicizia, anche quando a farne le spese è un incomprensibile non-sense tra la fantasia e il puro sentimento: quando si è amico fraternamente di qualcuno a prescindere da tutto e da tutti, anche da se stesso.E ci sono quei finali bellissimi in Amore, come titoli di coda di una pellicola a strappi, che Marco lascia sfilare a conclusione dei racconti: può essere un rossetto o una nota, entrambe sbavate, o quel maglione teneramente cuscino, niente di più semplice che amore.Forse è merito della parola in sé, perché ci si potrebbe corredare un libro senza mai sfiancarsi d’amore, o anche arredare in lungo e in largo tutti i corridoi di una casa, grande o piccola che sia, persino stramba o rotante come quella di chi “sembra quasi non abbia altro tempo che per abitare le sue case impossibili”.E poi ci sono le pagine della Bellezzaperduta per sempre di Elena, dal nome mitologico di una bellezza contesa, eroina sfigurata da un triste destino che lambisce la propria vita alla ricerca “dell’unico posto in cui potersi sentire al sicuro dai propri ricordi” perché, quanto è vero il mondo fuori da Maggese, “guarire dal proprio passato è una delle cose più difficili nella vita di un essere umano”. Che poi sia a dirlo Marco Cavaliere, di professione studente e di hobby collezionista di futuro, vista la giovanissima età, fa un po’ effetto. Mai però quanto le parole con cui lo sconosciuto incanta la bella in fondo alla bestia: “Perché quando una cosa può sopravvivere alla fugacità del tempo – legge Elena - quella cosa non è solo bella, ma è bellezza”. Vivere a Maggese è tutta un’altra storiaC’è un ordine alfabetico nell’intitolazione delle storie, e pare che il Cielo se ne stia in mezzo alle pagine, quasi s’imponga e si scomponga come meglio si addice alla sua natura elevata e fragile; ti avvolge dietro le parole di Carlotta, che ogni mattina, prima di uscire, si pettina i capelli davanti al suo “piccolo specchio a forma di sole”, mentre Ettore, “ogni mattina, per pettinarsi, lui come specchio personale usa il mare”.In mezzo a tutti questi foglietti sparsi tra le pagine, ci si prende un po’ la briga di frequentare Maggese, città che non conosci mai fino in fondo, ma che impari a tracciarne i tratti più umani dai segni dei suoi abitanti, patetici e grossolani quanto vuoi, ma reali di una realtà incantata e favolosi di un mondo in volata. È un mondo in punta di penna, che scorre davvero, a detta del suo creatore: “Questo è il mio diario. Io sono solo inchiostro”. Avrà un gran da fare Marco nel dimostrare di essere stato veramente a prendere il tè da Felicity. E non dimentichi i biscotti. 
da "Il Lametino" n.194

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