Di commenti da non perdere e di mentalità da cambiare
I fatti sono questi: venerdì rientro da una bella cenetta fra amici e mi becco questo commento sul sito:
“Ma veramente cara Claudia…io saltando di link in link sono arrivato a questo…e ti dico che più che “un ottima occasione per far conoscere ai sardi ed ai turisti la nostra tradizione”, quella che sventoli sotto il naso del lettore cercando di farla sembrare quello che dici tu…sembra piuttosto un’ottima (attenta all’apostrofo) occasione perché tu ti faccia una bella gita, spese pagate, e possa allestire una bancarella portandoti a casa una bella sommetta. O no? G. Loi”.
Lo rileggo più e più volte e poi rispondo, che domandare è lecito e rispondere è cortesia. E io credo d’essere stata più che cortese. Se vuoi dare uno sguardo alla micro conversazione questo è il link.
Ci sono rimasta male, te lo confesso. Ma tant’è, non posso stare simpatica a tutti mi sono detta. Eppure il problema è un altro, e l’ho elaborato lentamente: “Ma anche se fosse che un sardo guadagni parlando della propria terra, che male ci sarebbe?”
Nessuno mi sono risposta e nessuno hanno risposto tutte le persone alle quali ho posto il quesito. D’altronde se non ne parlano i sardi della propria Sardegna chi ne dovrebbe parlare? Sarebbe meglio che a raccontarci dei nostri problemi, delle nostre tradizioni antichissime, del nostro potenziale fosse uno “straniero” che viene da oltre mare? Per alcuni evidentemente sì.
Si tratta di una mentalità contro la quale mi sono già dovuta scontrare. Quando ho iniziato a scrivere non sai quante persone mi hanno chiesto collaborazioni gratuite con una spiegazione di questo genere: “Se scrivi per passione non hai necessità d’essere pagata, se vieni pagata non hai realmente passione”. Ah no?
Mentalità dalla quale diffidare: il lavoro deve essere retribuito, il lavoratore gratificato sempre perché i soldi per pagare le bollette sotto le pietre non si trovano!
Detto questo, la condizione della cultura in Sardegna la conosci bene, e pure lo stato finanziario dei Comuni che non hanno fondi da elargire generosamente nei confronti della sottoscritta. E in merito alle bancarelle organizzate e al gruzzoletto che mi porterei a casa, almeno fosse! I libri, per quanto portino su il mio nome li pago anche io, perché a stamparli sono altri. In alcune occasioni ho avuto modo di comprarmi una pizza con quel che ho guadagnato – lavorato, ma le mie “presentazioni” sono un’occasione di incontro e il piacere che ho nell’interagire con persone che come me amano la Sardegna, va ben oltre la fatica di raggiungere posti lontani, e ben oltre l’ansia del parlare in pubblico che in alcuni casi si fa proprio terrore, e supera anche il tempo che debbo impiegare per prepararmi un discorso!
La conversazione con il mio “acerrimo nemico” (d’altronde non ci sono super eroi senza e io ancora non ne avevo uno), si è conclusa poco cortesemente, proprio come ha preso avvio. Quel che mi auguro sinceramente è che questo modo di pensare contorto sparisca dalla mia bella isola, che i giovani sardi possano rimanere a casa e magari inventarsi un lavoro che preveda anche il raccontare le belle tradizioni che ci guidano da sempre, mostrandosi fieri del proprio passato.
Io ci provo e per quanto ancora non posso dire di “sopravvivere” grazie alla mia scrittura relativa a cose di Sardegna, quando potrò farlo sarò FIERA, ONORATA e GRATA alla mia Terra per avermi fatto questo bel regalo. D’altronde me ne ha già fatti tanti!
Claudia Zedda
Photo Credit: Maps.google.it
{lang: ‘it’} Pubblicato il 4 giugno 2012 by Kalaris in Sardegna