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Vivere senza lavorare

Creato il 12 settembre 2012 da Mcnab75

Vivere senza lavorare

DisclaimerQuesto post è sconsigliato ai minori di comprendonio (cit.)

Volevo chiudere momentaneamente gli articoli dedicati al “mondo alternativo del lavoro”, ma pochi giorni fa mi è arrivata una mail che, su richiesta dell’autrice, pubblico integralmente. Il suo nome, Barbara, è fittizio.
La nostra amica pone un interrogativo interessante, a cui si dà sempre poco spazio: si può vivere (volontariamente) senza lavorare?* Vediamo che cosa dice Barbara.

Ciao Alessandro, seguo il tuo blog da diversi mesi anche se non intervengo mai. Lo faccio ora in privato perché mi hanno colpito gli articoli che hai dedicato sull’argomento del cambiare vita, lavoro e abitudini. (…)
Io ho 32 anni e per scelta personale non lavoro più dal 2009. Non sono di famiglia ricca, mamma e papà sono due impiegati statali (papà è in pensione). Ho studiato e mi sono laureata, quindi ho lavorato per qualche tempo con contratti interinali, occupandomi più che altro di call center e mansioni di contabilità, in situazioni umane orribili e senza nessuna prospettiva futura. A inizio 2009 ho ricevuto un’eredità di una zia (sì, la classica “zia d’America” XD). Non una cifra trascendentale: 150.000 euro. Da allora è subentrata in me la necessità di prendere la vita in maniera differente, più tranquilla. Non ho cercato altri lavori temporanei. Ho ripreso a occuparmi di pittura e fotografia, passioni che avevo abbandonato proprio iniziando a lavorare. Ovviamente (sai bene a cosa mi riferisco) sono passioni che in Italia portano a pochissimi guadagni. Diciamo nulla XD
Eppure sto bene così. Spendo con oculatezza i miei risparmi. Sono consapevole che non dureranno a lungo ma cerco di non pensare al futuro, perché fa abbastanza paura. I miei genitori non condividono la mia scelta, ma pensano che con la fotografia io abbia comunque una fonte di reddito (il che non è vero, ma non ne parlo altrimenti mi prenderebbero per pazza).
(…) A questo punto mi rivolgo a te: puoi pubblicare questa mia mail su Plutonia? Sono curiosa di sapere cosa ne pensano i tuoi lettori, che reputo molto in gamba.

Ecco quella che definisco una lettera spiazzante.
Immagino che molti di voi sappiano già cosa rispondere: sei pazza, non si fa, pensa al futuro, come fai a non lavorare etc etc
Credo però che Barbara meriti una risposta più complessa.
La possiamo davvero condannare perché ha scelto di vivere il presente, occupando a tempo pieno delle sue passioni senza cercare di monetizzarle (cosa che invece noi abbiamo intenzione di fare, come ci siam detti più volte)?
Va da sé che questa è una scelta estrema. Estrema perché pone davvero la persona in questione fuori da tutti gli schemi.
Immagino che perfino relazionarsi col prossimo sia complicato, dando per scontato che i suoi amici siano tutti lavoratori.

Vivere senza lavorare

Non è la nostra Barbara, ma fate finta di sì.

Mi viene in mente l’ottimo film About a Boy, in cui Hugh Grant campa sugli diritti maturati dal defunto padre cantautore. E cosa fa nella vita? Nulla. Quindi quando si trova con amici e conoscenti non ha aneddoti da raccontare, né classiche storie da ufficio da condividere. A tutti gli effetti il personaggio interpretato da Grant vive in una sorta di dimensione parallela. Ma lui è un totale nullafacente, mentre Barbara si dedica (credo) a tempo pieno alle sue passioni, senza l’ansia di farle di diventare un lavoro.
Ciò nonostante sospetto che anche lei abbia diversi problemi ad avere dei normali rapporti con il trentenne-tipo, lavoratore con futura famiglia. Si tratta in fondo di specie molto differenti, un po’ come di abitanti di due culture profondamente diverse.

Poi vengono tutte le implicazioni più pratiche. Quanto possono durare 150.000 euro, pur gestendoli con oculatezza? Se Barbara ha qualcuno (i genitori) che pagano le spese di gestione quotidiana -bollette, spesa, tasse- questo tesoretto potrebbe bastare per oltre un decennio. E dopo? Subentrerebbe l’eredità, ossia altri soldi da spendere a rientro zero.
Con una rigida disciplina i soldi potrebbero anche bastare a lungo. Nel mentre Barbara potrebbe sposarsi e “farsi mantenere” (odio questa espressione, ma rende l’idea).
Resta l’amaro in bocca per la laurea di fatto inutilizzabile e per le condizioni di lavoro definite “disumane” che molti 20/30enni sono obbligati a subire per guadagnare quattro spiccioli. Condizioni che possono senz’altro aver inciso sulla decisione di fare questa scelta di vita estrema e alternativa.

E dal punto di vista etico? La si può condannare per non voler partecipare alla collettività? Io sono sempre parecchio restio a dare questo genere di giudizi. Per non scrivere banalità mi sono sforzato nel ragionarci su in modo alternativo. Il pensiero che è nato è questo: molti di noi lavorano 8/10 ore al giorno per guadagnare un migliaio di euro al mese. Stipendio che poi spendiamo tra costosi aggeggi elettronici, ristoranti dai prezzi quasi illegali, aperitivi in posti chic in cui ti fanno pagare il tuo “esserci” per apparire**. Alla fin fine, in molti casi, di quei mille euro rimangono spiccioli. Che magari confluiscono nella rata del SUV o di Sky. A questo punto la scelta di vita alternativa di Barbara, che immagino non si possa permettere nessuna delle cose appena elencate, forse appare, in modo contorto, un po’ più sensata.
Ora lascio la parola a voi, sapendo che Barbara vi leggerà sicuramente. Anzi, la invito a intervenire, se ne avrà voglia.

Appendice: Nel frattempo, su un blog a pochi isolati da qui, va in onda un articolo che di nuovo sfida il “modello standard” di vita. Si parla di soluzioni più attive e propositive – Barbara non me ne voglia – del “non lavorare”, ma siamo comunque dalle parti di una scelta di vita decisamente alternativa. L’articolo è questo: One for the road.
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* Non sto parlando dei disoccupati! La differenza è lampante, perciò evitate i commenti del tipo “questo articolo è insultante perché io non trovo lavoro da sei mesi e bla bla bla“. E’ ovvio che non ce l’ho con voi!
** Va da sé che molte persone spendono i loro soldi per cose più sane, tipo crescere un figlio e farlo studiare. Ovviamente qui parlo per estremi.


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