Federico Guerrini, già autore di libri su social media come Facebook e Twitter, ha completato questo cerchio magico pubblicando con Edizioni della Sera, un agilissimo e veloce manuale per imprenditori audaci che vogliono utilizzare le nuove opportunità del web 2.0 o che hanno intenzione di capire gli argomenti di cui tutti parlano.
Il titolo del suo nuovo lavoro è ‘Vivere social‘ nella collana Nuovi Media. La prefazione è mia e l’editore mi ha concesso di pubblicarla integralmente.
Prefazione a Vivere social
Un luogo non molto distante da una media città europea, non molto distante da quella che, ancora, è la capitale dell’industria automobilistica italiana. Non molto distante dal resto del Mondo occidentale, industriale, innovativo, comunicativo, contemporaneo.
Insomma, sono nell’ombelico del Mondo, perchè ormai ogni luogo lo è.
Ogni punto del Mondo è connesso con un suo omologo, mentore, concorrente, nemico, stimolatore.
Ogni punto del Mondo è qualsiasi altro punto, basta cambiare fuso orario e meteo, tradurre in automatico la segnaletica che ancora tenta di contestualizzare il vecchio Mondo e possiamo essere altrove e ovunque.
I nativi digitali leggeranno queste cose tra 10 anni e sorrideranno per la nostra necessità urgente di scrivere cose tanto banali e scontate da far loro credere che potrebbero essere stati scritti da chi aveva appena scoperto la rotondità della Terra. I nativi digitali sono già qui davanti a me e sono tutti immersi nel loro smartphone.
Sono le 7 e 30 di un giorno feriale, e nessuno dei miei estemporanei coabitarori di uno spazio qualunque si guarda attorno.
Il loro spazio non è uno spazio remoto, non è altrove, è diverso dal mio.Sono nella sala d’aspetto di un piccola stazione italiana e sono le 7 e 30 di un giorno feriale.
Aspettiamo che un oggetto reale ci porti attraverso lo spazio a Torino, un luogo preciso e determinato, dove ciascuno
di noi ha incombenze reali, determinate e forse anche precise, dove risolverà problematiche vere con persone
con cui parlerà di caffè, bambini e diagrammi.
A poco a poco però questa liturgia che dura da millenni a qualcuno, e saranno sempre più numerosi, nel tempo, sembrerà strana e forse anche ridicola: senz’altro inutile. Saranno sempre di più le persone che useranno lo spazio e la mobilità solo per lo stretto necessario ma soprattutto per il divertimento, solo per attività ad alto valore aggiunto per la propria gratificazione e arricchimento esperienziale.
Il lavoro e l’attività professionale, che si ridurrà dopo l’ennesima riconversione di tempi e metodi, si svolgerà fuori dal Corporate, fuori dal controllo centralizzato, parcellizato dentro una community di esperti che si governeranno da sè in un continuum di formazione a distanza e raggiungimento di obiettivi di marketing.
Le stazioni accoglieranno i turisti in transito che portano a spasso i loro corpi e dare anche ai restanti sensi, olfatto, gusto, tatto, un po’ di esperienzialità distante.
Ma tutto questo sembra ancora molto al di là da venire, se osservato dal pianeta Italia. Qui le imprese ed il vecchio mercato sono costrette ad inseguire; le leadership si sono fermate sentendosi lepri contro la tartaruga del web.
Per loro, almeno fino a qualche tempo fa, la Rete era un animale contro natura e destinato alla sconfitta, appesantito dall’essere libero, senza padroni e neutrale, con quella muscolatura senza investimenti, con troppe idee e mal gestite, con troppi visionari e pochi manager.
Perciò, dopo un breve entusiasmo iniziale, le imprese si sono fermate appena dopo lo start a discutere di modelli di marketing in cui la metrica è sempre quella delle 3 P, prodotto, posizione e prezzo. A discuterne con nessuno perchè intanto i marketer avevano cambiato i loro paradigmi.
Il primo postulato del Cluetrain Manifesto recita: “I mercati sono conversazioni.”, il decimo “Il risultato è che i mercati stanno diventando più intelligenti, più informati, più organizzati.
Partecipare a un mercato in rete cambia profondamente le persone.” Cluetrain Manifesto è un documento di 95 tesi redatto nel 1999 da David Weinberger e alcuni esperti di scenari di mercato con l’obiettivo di discutere attorno ad un postulato base: “E’ cominciata a livello mondiale una conversazione vigorosa. Attraverso Internet, le persone stanno scoprendo e inventando nuovi modi di condividere le conoscenze pertinenti con incredibile rapidità. Come diretta conseguenza, i mercati stanno diventando più intelligenti e più velocemente della maggior parte delle aziende”.
Sono passati più di dieci anni da queste considerazioni e in alcuni scenari del mercato globale mondiale, come in Italia, le lepri sono ancora ferme a discutere dellle tre P.
Oggi i clienti si aspettano di interagire con il front end di ogni azienda e di farlo in tempo reale, se possibile, senza aspettare una settimana una risposta urgente ad una mail, senza dover scorrere cataloghi vecchi di cinque anni nella pagina prodotti di un sito pieno di lucine che scorrono allegre ma di cui si farebbe a meno, in cambio di un po’ di sostanza in più.
I clienti delle aziende online che non si possono sfogliare non avranno la pazienza di tornare tra qualche anno per vedere se intanto sono stati modificati i nuovi dati
di contatto, se magari questa volta sono esatti.
I nuovi clienti cercano contenuti e se non li trovano tornano nella pagina di Google e cercano altrove. Quando troveranno contenuti interessanti, importanti, impeccabili saranno influenzati e inviteranno i loro amici di Facebook a fare altretttanto. Le regole del mercato sono cambiate e si chiama reputazione
aziendale online. Tutto dentro un ecosistema digitale. Le aziende sono ormai tutte globali. Il marketing delle merci gira liberamente in quella zona franca che è il Web.
Decine di amici sono sempre pronti a suggerire la soluzione e a battersi perchè ti sia concesso il meglio in nome di quell’essere Facebook friend o follower Twitter, nel dare un senso concreto alla tua icona. Le aziende e le risorse che le compongono devono essere dove il mercato le cerca.
In questo prezioso libro, Federico Guerrini scrive di ecosistemi digitali; il mercato è un ecosistema vivo e risponde a modelli di comportamento, di relazioni, di misurazioni e di regole che sono alla base delle esigenze della vita umana.
L’interno dell’azienda ed il suo esterno non sono slegati, anzi, sempre di più il patrimonio di valori si esprime attraverso uomini e donne che vi lavorano, è naturale che sia così. Il primo e più efficace referente dell’azienda è chi crea, gestisce, vende e sorride dei suoi prodotti, chi, insieme ad una confezione, distribuisce un’esperienza onesta ed un’emozione indimenticabile che migliori, anche solo in modo impercettibile la qualità dell’esistenza altrui.
Se dobbiamo regalare o parlare di qualcosa lo facciamo volentieri solo se siamo sicuri del suo vero valore, le patacche si possono vendere ma non regalare.La comunicazione reputazionale attraverso le persone è il modo più efficacie per vivere il mercato.
Per questo motivo “Vivere social” ci racconta come e perchè è urgente e necessario capire che cosa può offrire la tecnologia dei social media, la tecnologia della conversazione e della costruzione della reputazione online. Ogni strumento è un arnese specializzato da usare in una nicchia dell’ecosistema: Facebook per creare empatia ed intrattenimento, LinkedIn per definire la reputazione professionale e l’insieme delle relazioni di lavoro, Flickr e YouTube per ottenere visibilità virale con la creatività e le idee, Slideshare per distribuire contenuti senza dover sapere a priori chi potrebbe esserne interessato. Ma anche Twitter per mantenere sempre attiva la comunicazione in un lifestream senza fine o Foursquare per colloquiare con il territorio della nostra attività reale. Un elettrodomestico dagli attrezzi intercambiabili per fare qualsiasi cosa con una sola mano, la nostra. Oggi è maledettamente facile. Non farlo sarebbe stupido