Siamo in Italia, un volto noto fa un qualche cosa di controverso. Direi che il dibattito può accendersi.
Il volto noto in questione è Lucio Magri, giornalista (tra i fondatori del Manifesto) e politico; il gesto controverso è il suicidio. Suicidio assistito, compiuto questo lunedì in una clinica a Bellinzona, Svizzera.
Per quelli che non ne fossero a conoscenza sintetizzo in breve: il suicidio assistito è una pratica, legale in alcuni Paesi (come Olanda, Belgio, Svizzera e persino lo Stato di Washington), che consiste nell’aiuto medico conferito ad un soggetto che avesse deciso di togliersi la vita, a determinate e rigide condizioni. Differisce da altre pratiche oggetto di infuocate discussioni quali eutanasia, accanimento terapeutico e simili per diversi aspetti. Ad esempio l’esecutore materiale, che nel suicidio assistito è ovviamente il suicida stesso, o le condizioni pregresse dell’individuo.(Giusto per precisare, a parere personale per eutanasia & co. non ci sarebbe nemmeno da discutere, favorevole tout court).
Dove sta il dibattito in tutto ciò? È presto detto: per quanto riguarda queste “cliniche della dolce morte”, l’accento va posto su “dolce” o su “morte”? Mi spiego, sono queste orribili fucine demoniache che sfornano cadaveri o risparmiano sofferenze a soggetti che finirebbero comunque per togliersi la vita, magari con metodi barbari e incredibilmente dolorosi?
Premetto che non mi addentrerò in disquisizioni religiose senza capo né coda del tipo “La vita è un dono di Dio,perciò è sacra, inviolabile e dobbiamo difenderla anche contro la volontà dell’interessato!”, siccome sono adulto, non credo più a ciò che fornisce l’impressionante cifra di zero prove della propria esistenza, ergo non mi interessa sapere che cosa ne pensino a riguardo Allah, Dio, Babbo Natale, Harry Potter o il Mostro di Spaghetti Volante. Mi limiterò al punto di vista etico.
La questione sembra complessa, ma è la cosa più semplice del mondo, per cui sarò breve.
L’etica moderna tende a basarsi sulla sacralità della vita, il che è limitativo e riduttivo. Più che sulla sacralità della vita bisognerebbe incentrarsi sulla sacralità della libertà, la cui forma più alta è naturalmente la libertà, il diritto di vivere. Il punto focale, la discrepanza sta nella scelta: il valore principe è la libertà (cui viene subordinata la vita stessa), quindi sono libero di scegliere di vivere come di non vivere.
Scegliere di vivere è come scegliere di fare un viaggio o avviare un’attività imprenditoriale: si valutano i pro ed i contro, i costi ed i benefici, le gioie e le sofferenze. Se troviamo più contro rinunciamo al viaggio, se sosteniamo più costi rinunciamo all’attività, se abbiamo più sofferenze rinunciamo alla vita.
Chi può permettersi di prendere questa maledettissima libertà al posto nostro? Ed in nome di cosa?
Lucio Magri era depresso per la scomparsa della moglie, dicono. Una volta ho letto che chiunque sia sinceramente innamorato ha provato ad immaginarsi almeno una volta come sarebbe trascinarsi lungo la vita se scomparisse l’altra metà del cielo.
Vivreste, voi, senza amore?