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Viviamo in una società alla deriva, su una barca capovolta
Creato il 07 febbraio 2013 da AstorbrescianiNe ho le tasche piene. Sono stanco di sentir parlare dei diritti degli stupratori maghrebini, dei poveri nomadi rumeni, degli spacciatori sudamericani e via di seguito. Sono stanco di vedere negata la casa alle famiglie italiane indigenti perché è stata occupata abusivamente da gente venuta dall’Africa, di vedere gli anziani andare nelle mense degli istituti religiosi perché non hanno i soldi per comprarsi da mangiare, di subire i ricatti di chi si sente protetto e da vittima si fa carnefice, tanto non rischia nulla. Guai a chi tocca Caino! Mai sentita una parola d’ordine più scema. Guai a chi tocca Abele, piuttosto! Giù le mani dal ragazzo padovano che ha fatto quello che io e ogni vero uomo avremmo fatto e rifatto cento volte, perché è un diritto farsi rispettare e difendere chi si ama. Sarebbe il caso di raddrizzarla la barca capovolta, prima di affondare definitivamente.Un’ultima nota personale per chiarire il fatto che il mondo è sottosopra. Sono un volontario del 118 e tutte le settimane presto servizio sull’ambulanza che fa servizio d’emergenza. Spesso mi capita di intervenire per “salvare” un reietto ubriaco o violento. Quasi sempre è extracomunitario e nel tentativo di prendergli i parametri vitali (pressione, frequenza, saturazione, ecc) per valutare se portarlo al Pronto Soccorso, vengo minacciato e offeso pesantemente. Mi va bene se il mio “assistito” non mi strattona o mi sputa in faccia. Quando esagera ti viene spontaneo essere un po’ energico e allora lui diventa improvvisamente lucido e ti apostrofa con frasi del tempo: “Non toccarmi, io conosco i miei diritti”. Capito? Caino conosce i suoi diritti. Peccato non conosca i suoi doveri né rispetti le nostre leggi. Questa è la realtà. Comanda Caino, che va servito e riverito. Pensare il contrraio non è politicamente corretto. Non mi scandalizzerei se un giornomi scappasse di comportarmi come lo studente di Padova.
Esiste un diritto di guerra come esiste un diritto di pace – pare abbia detto il condottiero romano Furio Camillo, come riporta Tito Livio nelle sue Storie. Non so perché ma ho come l’impressione che siamo in tempo di guerra. Una guerra non dichiarata ma reale, senza quartiere
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