Da martedi' prossimo a Roma al Teatro Eliseo la bravissima attrice francese Catherine Spak torna in scena interpretando la nitica attrice Vivien Leigh celebre per avere interpretato "Via col Vento".
Incredibilmente fascinosa e superbamente seducente, dotata di grande charme e di straordinaria femminilità, Vivien Leigh aveva un carattere debole e soffriva di ansia e di depressione, fu Rossella O'Hara sullo schermo e moglie di Lawrence Olivier nella vita.
Amata dagli uomini per l'eccezionale bellezza, piaceva alle donne perchè vittima predestinata del potere maschile: si chiami CLARK GABLE, avventuriero strafottente; o Robert Taylor, in divisa da ufficiale; MARLON BRANDO, macho in canottiera o WARREN BEATTY, gigolò e mascalzone, poco importa, Vivien era questa, fragile lady inglese nel mare tempestoso della vita.
Nonostante il successo che riscuoteva al cinema, e la vincita di due premi Oscar, nella sua carriera interpretò soltanto una ventina di film, preferendo, di gran lunga, recitare in teatro, piuttosto che davanti alla macchina da presa.
Nata il 5 novembre 1913, a Darjeeling, in India, da padre di origini francesi, alto funzionario delle colonie inglesi e da madre di origine irlandese, Vivian Mary Hartley visse in quel lontano paese fino all'età di sei anni, poi tornò in Inghilterra, insieme con la famiglia, per frequentare gli studi presso una rigida scuola gestita da suore, dove, i caratteri ribelli e capricciosi come il suo, venivano soffocati dai metodi educativi e dalla severa disciplina.
Alterna lo studio in patria con lunghi soggiorni, sempre per motivi di studio, nei vari paesi europei, segnatamente Francia e Italia, le cui lingue, Vivien, parlava correttamente, per concludere, poi, le scuole in Baviera.
Consapevole della sua bellezza e convinta che doveva donare all'arte la sua vita, a diciotto anni decide di frequentare l'Accademia Artistica di Londra, la Royal Academyof Dramatic Arts.
Nel 1932, non ancora ventenne, si sposa con Hubert Leigh Holman, un importante avvocato, patrocinante alla Corte Suprema e l'anno successivo dà alla luce la figlia Suzanne.
Il debutto sul palcoscenico avviene con "The Green Sash"; mentre nel 1935, ottiene un grosso successo con "The Mask of Virtue", a cui seguono "The Happy Hypocrite" e "Enrico VIII", ed esordisce sul grande schermo con una parte in "THINGS ARE LOOKING UP", a cui fanno seguito altre tre pellicole, "THE VILLAGE SQUIRE", "GENTLEMEN'S AGREEMENT" e "LOOK UP AND LAUGH" che, però, la fanno passare quasi inosservata, nonostante la puntuale e sensibile precisione della sua recitazione.
Nel 1937, sul set del dramma storico "FIAMME SULL'INGHILTERRA", conosciuto anche con il titolo "ELISABETTA D'INGHILTERRA", avviene l'incontro con Lawrence Olivier, l'uomo del suo destino; incontro che segnerà una svolta sia nella sua vita privata che in quella artistica.
Nonostante sia ancora la moglie di Holman, Vivien instaura con il grande attore una intensa relazione amorosa, che bruciò per circa vent'anni, quando, ad un certo punto, senza che nessuno sapesse mai il perchè, i due si separarono; anche se è lecito supporre che la depressione che l'aveva colpita, avesse già minato il suo fragile equilibrio psicologico, accelerando così la rottura.
Con Lawrence Olivier, la Leigh, in questi venti anni, costituì una delle coppie più importanti, anzi, decisamente la più importante nella storia del teatro mondiale e in quello shakespeariano in particolare.
Dopo il film di Howard, tra il 1937 e il 1938 la Leigh è protagonista di pellicole, come: "LE TRE SPIE", "PATRIZIA E IL DITTATORE", entrambi di Victor Saville, "UN AMERICANO A OXFORD" e "I MARCIAPIEDI DELLA MATROPOLI", che rappresenta il suo primo successo e il suo primo ruolo importante.
Nel frattempo, sulla scena teatrale londinese, si esibisce, con successo, nel ruolo di Ofelia in "Amleto" di Shakespeare, a cui seguono "Bats in the Belfry" e "Sogno di una notte di mezza estate", sempre di Shakespeare.
L'anno dopo comincia la leggendaria ascesa di Vivien Leigh nel firmamento delle stelle, perchè viene scelta, dal produttore David O. Selznicks, per interpretare in "GONE WITHE THE WIND - VIA COL VENTO", di Victor Fleming, il ruolo della bizzosa e indomita Rossella O'Hara, eroina della storia d'amore più famosa della storia del cinema.
Sullo sfondo di un ampio affresco storico, nei panni della protagonista del romanzo di Margareth Mitchell (letto più della Bibbia), Vivien Leigh è così convincente, così intimamente Rossella O'Hara, da vincere l'Oscar come miglior attrice protagonista.
"VIA COL VENTO", un film fiume, epico, straordinariamente spettacolare, indimenticabile ma anche razzista e sessista, che annovera nel cast, oltre alla Leigh, CLARK GABLE, Leslie Howard e Olivia De Havilland, che vinse otto premi Oscar, tra cui uno, il primo ad un'attrice di colore (Hattie McDaniel, la governante Mammy), che fu campione d'incassi, che richiese, per l'epoca, un grande sforzo produttivo e realizzativo che continua, ancora adesso, ad essere seguitissimo, tutte le volte che viene trasmesso in televisione.
Il successo del film non modificò il carattere e le abitudini di Vivien Leigh, da sempre più interessata al teatro che al cinema; decisamente un'anomalia nello spietato e invidioso mondo hollywoodiano.
L'anno dopo, nel 1940, l'attrice è protagonista dell'altrettanto famoso melodramma "IL PONTE DI WATERLOO", di Mervyn LeRoy, in cui, infelice ballerina al tempo della prima guerra mondiale, caduta in rovina e creduto morto il fidanzato, Robert Taylor, partito per il fronte, si prostituisce a Londra: al suo ritorno non ha il coraggio di confessargli la verità e si uccide, sul famoso ponte, gettandosi sotto un camion.
Intanto, però, nel 1937, prima di "VIA COL VENTO", la Leigh aveva girato, a fianco di Lawrence Olivier, "FATALITA'", un solido dramma in cui il fidanzato, per difenderla, uccide involontariamente un ricattatore ma del delitto viene accusato un ex prete alcolizzato. Sceneggiato da Graham Green, il film fu bloccato dai continui rimaneggiamenti del produttore, provocando le ire dello scrittore e fu distribuito solo nel 1940, quando la Leigh era ormai diventata una star.
Del 1941 è "LADY HAMILTON" o "IL GRANDE AMMIRAGLIO", dove recita per l'ultima volta con il marito, Lawrence Olivier, in cui, moglie plebea dell'ambasciatore inglese a Napoli e amante dell'ammiraglio Orazio Nelson, rimasta senza un soldo, alla morte di entrambi, viene ricacciata ai margini della società.
Il film, in cui l'attrice si esprime ai massimi livelli artistici, ottenne un grosso successo di pubblico e fu molto amato da Winston Churchill, che lo faceva proiettare, molto spesso, ai suoi ospiti, per le chiare allusioni al momento storico in atto: Napoleone, con la sua sete di dominio, ricorda Hitler e Nelson, che difende l'Inghilterra, ha molti tratti in comune con lo stesso Churchill.
Un mezzo passo falso è il successivo impegno nello storico "CESARE E CLEOPATRA", tratto dalla commedia di Georg Bernard Shaw, che raconta, come in una parodia, l'incontro tra l'imperatore romano e la regina egiziana, vista come una sorta di 'femme fatale'
Si rifà, immediatamente dopo, con la versione di Julien Duvivier di "ANNA KARENINA", fedelmente tratta dal romanzo omonimo dello scrittore russo Tolstoj.
Il melodramma romantico racconta dell'amore adulterino della Karenina per il giovane conte Vronsky, per il quale non esita ad abbandonare marito e figlio, ma l'ostracismo della società pietroburghese e l'impossibilità ad ottenere il divorzio, provocheranno la tragedia.
Segue, nel 1951, tre anni dopo averlo portato sulle scene, l'interpretazione del drammatico "UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO", che Elia Kazan trae da Tennessee Williams, che narra la storia della fragile Blanche Dubois, la quale, rimasta vedova si rifugia in casa della sorella, dove viene molestata sessualmente dal brutale cognato, un superbo e virile MARLON BRANDO, al cui fascino lei non sa restare insensibile. Lo stupro a cui dovrà sottostare, finirà con lo spezzare il suo fragile sistema nervoso, portandola al gesto estremo.
Il successo del film, ormai annoverato tra i cult, è enorme, l'interpretazione della Leigh è perfetta, così come quella di MARLON BRANDO, e i due attori ricevono la nomination agli Oscar come miglior protagonisti.
L'Oscar lo vince solo la Leigh, insieme alla coppa Volpi a Venezia, ma la pellicola ne colleziona altri tre, che contribuiscono a rendere il film, praticamente, immortale.
Il ritratto femminile della psicotica Blanche, tutta turbamenti, deliri, malinconie, che l'attrice ci offre, oltre a rispecchiare un lato del suo carattere, così come la bizzosa Rossella di "VIA COL VENTO", aveva rispecchiato l'altro, rifletteva la sua stessa debolezza di vivere e le ansie interiori che cominciavano a minare la sua salute e il suo equilibrio psicologico.
Un'altra prova di alto spessore e di forte intensità psicologica, l'attrice la offre nel melodramma "PROFONDO COME IL MARE", diretto da Anatole Litvak, in cui la vediamo nei panni della bella moglie di un alto magistrato, che si innamora di un ex pilota della RAF, frivolo e superficiale, perdendo, per lui, dignità e rispettabilità.
Un'altra eccezionale performance la Leigh la sostiene in "LA PRIMAVERA ROMANA DELLA SIGNORA STONE", di Josè Quintero, un forte dramma tratto da Tennessee Williams, in cui sostiene il ruolo di un'attrice in crisi di mezza età, la quale, durante un soggiorno di riposo a Roma, si invaghisce di WARREN BEATTY, affascinante mascalzone gigolò, che prima la sfrutta e poi, cinicamente l'abbandona.
Del 1965 è l'ultima apparizione di Vivien Leigh sullo schermo: in "LA NAVE DEI FOLLI", di Stanley Kramer, è una dei passeggeri, la signora divorziata, della nave di linea tedesca, i quali, incoscienti del pericolo nazista che avanza, si divertono, spensieratamente, durante una crociera da Vera Cruz a Brema.
Già ammalata da tempo di tubercolosi, preda di ricorrenti attacchi di fobie e di isteria che, spesso, sfociavano in veri e propri atti di follia, trascorre gli ultimi anni di vita nella sua casa londinese, in compagnia di un certo John Merival, vedendo la sua splendente bellezza sfiorire lentamente, fino a quando, in un caldo giorno dell'estate del 1967, l'indimenticabile Rossella O'Hara, venne rapita al mondo dei vivi, ritrovando, forse solo allora, quella pace e quella tranquillità interiore che aveva rincorso, invano, per tutta la vita.
Vivien Leigh, come tutti i grandi, lascia di sè un ricordo incancellabile e, ancora oggi, la sua stella continua a brillare nel firmamento del cinema mondiale, come continuano a brillare quelle di tutti gli artisti che non si dimenticano.
Le sue ceneri sono state disperse al vento, sopra un lago del Sussex.
Ancora oggi le leggende sul come fu scelta per interpretare l'eroina di "VIA COL VENTO", continuano.
Secondo alcuni fu il fratello del produttore David Selznick che, mentre già si giravano in studio le riprese dell'incendio di Atlanta, un giorno si avvicinò al fratello e gli disse: "Ti voglio presentare Rossella O'Hara". Dopo tre anni di vane ricerche, era stata trovata l'attrice che avrebbe interpretato la protagonista del romanzo americano più letto nel modo.
Secondo altri, fu la stessa Leigh, la quale, inorgoglita da una telefonata del regista Victor Saville (che l'aveva diretta nei suoi primi film), che le diceva non poter essere che lei miss O'Hara, approfittando della sua relazione con Lawrence Olivier, fece di tutto per accompagnarlo in California, dove lui stava girando "La voce nella tempesta". Qui avvenne l'incontro "casuale" con George Cukor, il regista che doveva dirigere il film, e col produttore, e la parte fu sua.
Per rendere al meglio il suo personaggio fu necessario, per Vivien Leigh, sporcare il suo perfetto inglese, prendendo lezioni di dizione, aiutata in questo, da Cukor stesso. In seguito, quando il regista lasciò la direzione, la Leigh non ebbe buoni rapporti, nè con Victor Fleming, chiamato a sostituirlo, nè con CLARK GABLE, il suo partner, da lei ritenuto responsabile della sostituzione.
Durante il suo matrimonio con Lawrence Olivier, l'attrice si spostava su una Rolls-Royce targata con le iniziali del suo nome e di quelle del marito, VLO123.