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Il dato più allarmante secondo l’associazione animalista riguarda il picco di autorizzazioni per gli esperimenti “in deroga”, ovvero l’impiego di cani, gatti e primati non umani, l’utilizzo a fini didattici o il non ricorso ad anestesia. Queste deroghe sono quasi raddoppiate, aumentando da una media di 141 per il biennio del 2007-2009 a 204 per il 2008-2009, sebbene per legge (dl 116/92), dovrebbero rappresentare l’eccezione in quanto regolamentate in modo restrittivo. Nel 2000 erano 98. «Nel merito dei test in deroga autorizzati dal ministero della Salute nel biennio 2008-2009 - osserva la Lav in una nota - continuano a essere svolti anacronistici e fallimentari studi relativi all’uso di droghe, alcol e fumo che tolgono fondi per ricerche incruente e a indispensabili campagne d’informazione sulla prevenzione». Inoltre, «le sperimentazioni senza ricorso ad anestesia sono le più dolorose per gli animali, eppure nel 2008-2009 sono state effettuate ben 350 procedure senza il impiegare alcuna forma di lenizione: esperimenti che hanno inflitto agli animali intensi e prolungati livelli di dolore».
La mappa delle deroghe è concentrata soprattutto nel centro-nord Italia. «Le regioni con il maggior numero di procedure autorizzate rimangono: Lazio, Emilia Romagna, Toscana, Lombardia e Veneto. Mentre, sono in totale undici i nuovi stabilimenti utilizzatori autorizzati dal ministero della Salute nel 2008-2009 a fare ricerca su animali, per un totale nazionale che supera i 600 stabilimenti». Come se non bastasse c’è stato anche un sensibile aumento dell’uso sperimentale di alcune specie nel triennio 2007-2009 rispetto al 2004-2006. In particolare: suini, caprini, scimmie, uccelli, rettili, pesci e altri mammiferi.
Rispetto alla sperimentazione animale senza anestesia, la Lav sottolinea che «gli animali sono vigili sia durante l’esperimento, che comporta fratture, incisioni, innesti, investigazioni sul cervello ecc., che durante tutto il percorso post-operatorio, iter al termine del quale gli animali vengono soppressi. Lo stesso accade nel caso di inquietanti investigazioni psichiatriche su primati senza anestesia, negli esperimenti di xenotrapianto dove le scimmie vengono utilizzate come bacini di organi e nelle stimolazioni cerebrali profonde, con elettrodi, su maiali non anestetizzati». Se il quadro italiano è sconfortante, la situazione in Unione europea non è da meno. In alcuni Paesi il numero degli animali utilizzati e soppressi nei laboratori non tende a diminuire, anzi raggiunge la stratosferica cifra di 12 milioni, con incrementi del 50 per cento delle sperimentazioni. Un triste primato che vede in testa Francia, Inghilterra e Germania.
«Eppure - chiosa l’associazione - esistono centinaia di metodi alternativi di grande efficacia (modelli informatici, analisi chimiche, indagini statistiche come l’epidemiologia e la metanalisi, organi bioartificiali, microchip al Dna, microcircuiti con cellule umane) e altri potrebbero essere messi a punto investendo di più in questo innovativo settore della ricerca. Anni fa sembrava utopia fare ricorso a test senza animali, eppure oggi come emerge dai dati dell’Istituto superiore di sanità il 70 per cento della ricerca biomedica, ovvero della biologia della medicina, non fa uso di animali. Così come per verificare la contaminazione batterica di farmaci, per i test di gravidanza, per diversi test di tossicità su sostanze chimiche (assorbimento cutaneo, mutagenesi e genotossicità, fototossicità, embriotossicità), in molti casi di verifiche igienico-sanitarie su alimenti o in molte esercitazioni a scopo didattico».
«Lascia amaramente stupiti - afferma Michela Kuan, responsabile nazionale Lav settore vivisezione - che vi sia un consistente aumento del ricorso a test invasivi e dolorosi e una crescita degli impianti autorizzati, nonostante lo scenario scientifico nazionale ed europeo sia sempre più orientato alla promozione di metodi sostitutivi all’impiego di animali. I nuovi dati 2008-2009 - aggiunge la biologa - contraddicono l’andamento lievemente decrescente del numero di animali utilizzati negli ultimi dieci anni nei laboratori nazionali, che comunque supera la spaventosa cifra di 800 mila animali all’anno, e sono in contrasto tanto con l’impegno delle istituzioni verso una politica di tutela degli animali quanto con l’opinione pubblica sempre più contraria alla sperimentazione su di essi».
In Italia, ricorda inoltre Kuan, «il principio per il quale il metodo alternativo deve essere preferito all’impiego di animali, stabilito dall’articolo 4 del dl 116/92, viene del tutto ignorato sia dall’utilizzatore di animali che dal ministero della Salute: una situazione che va peraltro a tutto danno della ricerca biomedica italiana e che riteniamo debba essere presto cambiata. Un’inversione di rotta indispensabile anche alla luce del recepimento della nuova direttiva 2010/63Ue». Occasione questa «che non deve essere assolutamente sprecata dal ministero e dagli enti governativi per supportare in Italia una nuova ricerca all’avanguardia, che tuteli i pazienti umani ma anche gli animali». Kuan conclude la sua disamina lancia un appello: «Al Governo, al Parlamento e al settore della ricerca chiediamo un maggiore impegno verso lo sviluppo di metodi alternativi, un ambito sperimentale che avanza con successi concreti e utili per la salute umana rendendo l’uso degli animali una pratica sempre più obsoleta ed ingiustificabile».
Fonte: Terranews
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