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Vivo a Düsseldorf, ma non sono io il mostro! – A Most Violent Year (2014)

Creato il 15 novembre 2014 da Fabioeandrea

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Vi ricordavate quando ero in Italia ed ero senza lavoro e mi lamentavo sempre ohhhh… Sì, ora quei tempi sono finiti.

Mi sono trasferito in Germania, vivo nella bella città in cui Fritz Lang ha messo una M sulla spalla di Peter Lorre (oh, e se capite a che film mi riferisco, bravi, personalmente è come se per me aveste un diploma in Storia del Cinema!!!) e lavoro ancora come critico cinematografico o, come mi chiamano qui con tanto amore e tante K: FILMKRITIKER.

Dunque, questo, per me, significa film in anteprima… film BELLI!!!

Questa settimana è toccato a due pellicole: una è Foxcatcher (2014, ihihihih, invidiosi???? Lo dovreste essere) e l’altra è A Most Violent Year (2014).

Ed è appunto di quest’ultimo film che voglio parlare, quindi faccio il serio.

In A Most Violent Year di J.C. Chandor (Margin Call, All ist Lost), la parola d’ordine è “scambio”.

Scambiate gli alvei rinsecchiti della California con una New York City Anni Ottanta abbandonata a se stessa, impaludata di graffiti e di neve. Scambiate l’olio con l’acqua. Scambiate la fragile sorella-madre la cui faccia schiaffeggiata è quella tutta zigomi di Faye Dunaway con una parte di Elvira Hancock e tre quinti di Angela DeMarco. Scambiate tutte le influenze dei gangsters movie odierni cui molti attuali registi si rifanno (fra l’altro, mi duole ammetterlo, sempre gli stessi riferimenti) con quelle che JC Chandor ha avuto dopo aver visto Chinatown, scambiate Michelle Pfeiffer e scambiate tutto quello che avete già visto in milioni di altri film sull’ambizione di un certo tipo di criminalità organizzata e avrete A Most Violent Year, l’ultimo loquacissimo salmo sull’immigrazione, il capitalismo e sugli immigrati che amano il capitalismo.

Senza un briciolo di abusato Tarantino, senza insomma la stessa riproposizione di morte iper-violenta (cui ormai siamo più che abituati), A Most Violent Year è/diventa prima di tutto un film che funziona nelle sue più alte manifestazioni di brutalità, prepotenza e veemenza.

Più intellettuale in un percorso emotivo, spiega il motivo per cui il mondo gira intorno ai soldi, sfruttando una potentissima Jessica Chastain che ha fatto del suo personaggio un Tootsie in versione totalmente femminile. La sua Anna Morales non può fare a meno di trovare se stessa in ciò che desidera e non vuole rinunciare a nulla di ciò che già ha per avere qualcosa che non ha (un dettaglio del suo carattere che è palesemente rivelato nella scena in cui prende in mano delle scatole con i palmi della mano per paura di spezzare le sue lunghe unghie), in più ha umorismo e una certa sottile morbidezza di cuore tipicamente brooklyniana.

Questo e molto altro fa di A Most Violent Year un film volutamente senza respiro, chiuso in se stesso che vuole minare i luridi giochi di piccolo potere di mercato. Ad aiutarlo, una spazzata di sgargiante colore (Bradford Young per la fotografia) che fa da sfondo ai cappotti Armani (Kasia Walicka-Maimone per i costumi), una ragazza d’oro con la pistola facile e una continua minaccia di violenza sospesa nell’aria.

Fabio Secchi Frau


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