Si ha la sensazione di affondare con la cinepresa. Si affonda, si affonda sempre di più, mentre si guarda Foxcatcher. Non siamo guardando la storia dall’alto, come i registi ci hanno abituato ormai da tempo, non siamo in ogni angolo della casa, non abbiamo gli occhi di un dio. Non possiamo vedere ovunque (quindi, datevi una calmata!) Siamo in una via di mezzo, ma nell’essere lì, in questa sfumata posizione, assieme alla cinepresa, cadiamo verso il basso. Velocemente. È come se, in questo film, il nostro occhio, e quindi anche l’occhio dell’obiettivo, siano destinati a essere usati come dei fari fendinebbia… e di nebbia che si deposita sopra Foxcatcher ce n’è parecchia. Tutte le forme, tutti gli interpreti, tutti i luoghi sono difficili da distinguere… Quindi, un punto a favore per la regia di Bennett Miller!
La storia è un affresco di un moderno purgatorio. La bozza di un pozzo costruito di solo danaro, in cui un folle pensa di poterci far entrare chiunque. Quel folle segue il battito cardiaco aritmico di un eccezionale Steve Carell che è miele, fango e pazzia nello stesso momento… Quindi, due punti a Foxcatcher. Uno per l’ottima sceneggiatura e l’altro per uno dei protagonisti!
Il plot è semplice: un uomo facoltoso promuove un atleta e, automaticamente, pensa che quell’atleta gli appartenga. Schiaffi, grugniti e infinite minacce lasciate sospese come il pulviscolo nell’aria, come nuvole di veleno che attraversano l’erba ben curata dei prati della Pennsylvania.
Tutto questo si miscela nella reazione d un’opera riservata, clinica, ossessionata dalla filosofia tutta americana di dover strombazzare grandi cose al prossimo per sembrare più importante, per essere un uomo con la lettera maiuscola, un uomo che non sa cosa è una squadra, un uomo che è solo puro io, io, io. Ed è in questa sua malsana insicurezza, in questa ruvidità, che il film è contemporaneo e bizzarro. Riesce a farti sentire il puzzo di sudore e il sapore delle lacrime versate. Ed è per queste qualità che, sicuramente, sarà una bomba sganciata nella stagione degli Oscar (ohhh lo vedrete!). È un film che si odia. È beffardo. Poco accomodante con lo spettatore e di solito, lo spettatore che ha una buona parte masochista dentro di sé, ama questi film!
E Mark Ruffalo… oh, Mark Ruffalo, aveva ragione uno di voi, è grandioso (ma ne avevo avuto la certezza tanto tempo fa che fosse purtroppo sottovalutato!!!). Un barbuto uomo al crepuscolo. È il silenzio che è possibile ascoltare e sentire, esattamente come nettamente si sente una mano che pesta su un pavimento. Nulla è più vitale, carnale e umano di Mark Ruffalo in quella pellicola.
Fabio Secchi Frau