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L’essenza del Corpo luogo del sapere e del potere, oggetto mutante, filosoficamente definito essere esteso nello spazio e percepibile attraverso i sensi. Sospeso tra Ragione e Sentimento, il corpo anatomico è solo di passaggio immerso nel caos metafisico: su di lui i rapporti di forza lo schiacciano, lo umiliano, lo suppliziano, lo inibiscono, lo denigrano, lo sottomettono. Assoggettato a un volere superiore. Un Corpo in relazione interfaccia con il mondo si materializza in un progetto artistico creato da Giancarlo Cauteruccio, visionario indagatore della scena teatrale come pochi alla sua pari per immaginazione, creatività e pensiero intellettuale; scevro a qualunque forma di omologazione espressiva acritica. Il regista si fa portavoce di una ricognizione sperimentale sospinta verso nuove indagini meta-espressive/linguistiche e sceglie di creare uno spazio arena rettangolare dove convogliare il pubblico e disporlo al centro in ordine sparso.
Una folla di astanti in piedi come un drappello di volontari spettatori assediati: in mezzo a loro una pedana circolare su cui è posato un trono privo di ogni sembianza regale: una semplice sedia a rotelle sul cui schienale appare la scritta “regista”, ausilio metallico reclusorio in cui espiare una pena corporale. Qui abita il corpo di Giancarlo Cauteruccio volutamente reso inabile al movimento, come imprigionato da un suo desiderio di statica inamovibilità. La mente da cui partono coordinate vocali diramate nello spazio destrutturato e re-inventato per mezzo di quattro pedane inclinate convergenti sul narratore – cantore di questa avventura multimediale. Il Corpo emerge dal buio e scende dai graticci del soffitto, si moltiplica in corpi fisici scattanti. Giovani corpi seminudi, plastici, roteanti. Acrobati di un circo immaginario. Lo sguardo rivolto all'insù capta la libera espressione di movimenti immersi nella luce riflettente, quella definita dalla Voce: “Luce di confine tra l’esistenza e il corpo”. Sono i corpi in mutazione pulsanti di vita, tredici corpi protagonisti, reduci dal corso di alta formazione “Quadriscenia della Percezione Teatrale”, fisicamente presenti e sdoppiati su fondali neutri dove le immagini proiettate rivelano pianeti paralleli, ora spazi siderali, ora lontani abissi liquidi in continua oscillazione tra percettivo e immaginativo. La voce si erge su di loro e rimanda nello spazio suoni gutturali, ansimanti, imploranti, in dissoluzione. La parola evocativa di Beckett risuona amplificata in uscita dal Corpo prigioniero di se stesso. Declamazioni sofferte in omaggio alla prosa poetica di Pessoa, Bataille, Majakovskij. Marco Palladini firma il progetto drammaturgico.
Recluso dentro un immaginario carcere mentale, insuffla sapere, si parla e al mondo dentro/fuori mentre i giovani performer creano proiezioni della loro fisicità, movimenti inglobati in un fantasmagorico regno luminoso e sonoro. Un apparato tecnologico avanzato manovrato con sapienza professionale da cinque operatori compagni di studio e formazione alla pari degli attori/corpi in perenne movimento. Il loro corpo è interfacciato al mondo interno/esterno. Corpi replicanti animano giganteschi schermi, si sdoppiano, triplicano, quintuplicano all’infinito. Sono corpi allo stesso tempo via di fuga e avvicinamento allo sguardo curioso quanto incredulo dello spettatore coinvolto attraverso la sua corporeità passiva cui non è concesso nessun tipo di sollievo.
Un teatro consegnato ai soli protagonisti visibili e invisibili. Vivono la scena come fluttuanti anime sospesi nello spazio in assenza di gravità. Spariscono nel nero e riemergono da sottili fessure. Grandiosi fermo – immagini come tante lastre fotografiche al negativo. I giovani artisti circolano, infine, tra il pubblico donando leggere carezze a fedeli riuniti per celebrare un rituale laico e poetico. Le sublimi parole del Petrarca dal Canzoniere in “Solo e pensoso” siglano un evento performativo frutto di uno studio approfondito in cui è consolatorio percepire come ci sia ancora la volontà di investire sui giovani e sul loro futuro. Con il Corpo e con la Mente.
Roberto Rinaldi
Dal Canzoniere di Petrarca ’Solo e pensoso’: “Solo e assorto nei miei pensieri percorrono lentamente, vago le località più solitarie e osservo attentamente per evitare luoghi segnati da tracce umane”.
Teatro Studio di Scandicci (Firenze), 27 novembre 2010
Attori/performer: Clio Abbate, Laura Bandelloni, Irene Barbugli, Giorgio Coppone, Umberto D’Arcangelo, Francesco De Francesco, Maria Luisa D’Introno, Giuseppe Insalaco, Mattia Macchelli, Chiara Moretti, Giulia Pizzimenti, Marta Vitalini, Silvio Zanoncelli, e con Giancarlo Cauteruccio.
Operatori delle tecnologie: Giulia Broggi, Marco Cardone, Gioia Di Biagio, Maddalena Giansanti, Claudio Signorini.
progetto drammaturgico - Marco Palladini
azioni coreografiche e acrobatiche - Nicole Kehrberger
studio della voce - Monica Demuru, scenografia - Loris Giancola
video - Vincenzo Capalbo e Marilena Bertozzi, luci - Mariano De Tassis
musica elettronica - Johnny Boy
audio - Simone Marrucci
costumi e assistenza alla regia - Massimo Bevilacqua
direzione e organizzazione Pina Izzi