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VOCI SMARRITE. Arte e legame sociale contro il dominio dell'anestesia - di Laura Pigozzi

Creato il 12 aprile 2013 da Ilibri
VOCI SMARRITE. Arte e legame sociale contro il dominio dell'anestesia - di Laura Pigozzi VOCI SMARRITE. Arte e legame sociale contro il dominio dell'anestesia - di Laura Pigozzi

Titolo: Voci smarite. Arte e legame sociale contro il dominio dell'anestesia
Autore: Laura Pigozzi
Editore: et al./Edizioni
Anno: 2013

«A causa dell'unicità del timbro, la voce è quella musica che individua un soggetto e lui solo. Non c'è una voce eguale a un'altra» (p. 11). La voce come elemento identitario, dunque. Di qui la necessità di riflettere su una serie di meccanismi psichici, fisici e sociali che, in maniera sempre più evidente (e preoccupante), coinvolgono la nostra voce mettendo in gioco (e a rischio), di conseguenza, la nostra unicità. Di simili tematiche si occupa Laura Pigozzi (insegnante di canto e di psicanalisi della voce) in questo saggio, naturale prosieguo del precedente A nuda voce (pubblicato, nel 2008, da Antigone Edizioni, come già il presente Voci smarrite nel 2011).

Prendendo le mosse dal concetto psicanalitico di sublimazione (vale a dire: la possibilità, insita in ciascun essere umano, di inventare/creare "oggetti" artistici) e considerando, in particolare, il canto come fare artistico della voce, l'autrice non può prescindere dall'esaminare anche il tessuto sociale in cui la voce (e dunque chi la emette) si trova ad operare. Interessante è, a questo proposito, il concetto di anestesia che Laura Pigozzi elabora in merito alla società in cui viviamo: anestesia è «l'epoca presente che rileva la progressiva perdita umana di sensibilità, di aestètica, cioè di capacità di sentire» (p.23). Viviamo un presente saturo: «la dissennata sagra di prodotti e servizi sempre a disposizione, ventiquattr'ore su ventiquattro, sette giorni su sette» (p. 31) annichilisce lo spazio e il tempo entro il quale dovrebbe nascere la mancanza, unico motore in grado di renderci pensanti e creativi.

Il tempo dell'attesa sparisce e, con esso, anche lo spazio psichico che può rendere possibile un pensiero, un progetto che, non per forza geniale o inedito, sia, però, nostro (p. 31).

Ci manca la mancanza, e non è semplice gioco di parole. Non siamo più in grado di desiderare perché i nostri sensi sono ottusi dal troppo che ci circonda, dai ritmi frenetici che ci sono imposti. Non siamo più in grado di percepire le nostre pulsioni, il nostro corpo, ciò di cui abbiamo bisogno. Tutto ciò mette a rischio l'arte, la tenuta creativa del soggetto, che delle spinte pulsionali si nutre. Così Laura Pigozzi, che del canto come particolare forma d'arte si occupa, si pone alcuni interrogativi importanti: «che cosa succede [...] alla voce in un'epoca così convenzionale? La voce dei singoli è ancora portatrice di un suono originale, [...] oppure anche la voce si può ammalare di conformismo?» (p. 20). L'autrice non ci tace i rischi e, anzi, passa in rassegna tutta una serie di sintomi e di "manifestazioni vocali" che attestano l'attuale stato di pericolo e/o di vera e propria alienazione in cui si barcamena la voce di ciascuno di noi: gli stonati, coloro che provano fastidio o addirittura repulsione per il proprio canto, i dislessici, i maschi traumatizzati dalla muta vocale, le voci anali (voci sotto sforzo: voce di gola, di naso, di petto), le voci narcise (che Laura Pigozzi sapientemente associa ad alcuni stereotipi che si sono diffusi nella nostra società: dalla femme fatale all'anoressica), la death voice, le voci in transito (dei castrati, dei sopranisti, dei falsettisti), le voci trans e la chirurgia vocale.

Ma ciò che ci viene proposto in Voci smarrite non è un mero elenco di sintomi e stati di malessere della voce. Laura Pigozzi ci illumina anche su quelle che sono le varie componenti, fisiche e psichiche, della nostra voce: dalle corde vocali (corpo), all'aria, al silenzio, al timbro, all'inconscio, eccetera. Tutti questi elementi devono (e possono) essere preservati (o: rieducati) anche nella contemporaneità. Particolarmente interessanti sono le pagine che l'autrice dedica al ruolo dei genitori nel processo di singolarizzazione della voce del figlio. La funzione materna consiste nell'accompagnare il bambino alla scoperta della propria individualità e, quindi, al riconoscimento della propria voce. La funzione paterna, che tramite il Nome-del-Padre inscrive il bambino in una genealogia (dunque in una storia), fornisce al figlio una serie di norme da rispettare (in quanto membro di una comunità) che, nel caso della voce, corrispondono a ritmo e misura. È evidente che non si dà creazione senza la distorsione del limite, della norma. Ma come si può distruggere la regola se prima non la si conosce? E ancora, com'è possibile creare alcunché se prima non si è consapevoli di se stessi? Fondamentale e delicato è dunque il ruolo dei genitori, sul quale la Pigozzi insiste sottolineando anche eventuali comportamenti devianti.

Forse meno scorrevole, per un pubblico non specializzato, nelle parti in cui si occupa del canto come forma d'arte, come sublimazione. Meno immediato, insomma, nelle sezioni in cui si addentra in questioni psicanalitiche, in riflessioni teoriche su: corpo, pulsioni, sublime, sessualità e godimento Altro... Tuttavia Voci smarrite risulta un saggio interessante per ciascuno di noi nella misura in cui ci aiuta a (ri)scoprire la nostra voce: la voce come un quid imprescindibile che ci caratterizza quali individui, che getta un ponte con l'altro (crea legame sociale) e, infine, che può produrre arte (canto).

  

  

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