Voglio fare la mantenuta

Creato il 15 febbraio 2011 da Rockandfiocc

foto:flickr

Cari amici, scusate l'assenza di post di ieri, ma S.Valentino mi ha tenuta lontana dai miei doveri. Volevo anche farvi un resoconto ma sembra che il blog non mi lasci caricare le foto, dunque rimedio con un lungo brano scritto di mio pugno (ah!).

A domani con i soliti post (sto cercando di andare a letto presto-devo ancora vedere Gossip Girl ed è mezzanotte, accidenti...)


Vado con il post:
Oggi, in un momento di disperazione acuta, pensavo alla mia piccola parentesi nel mondo del lavoro, per ora abbastanza infelice.
Sono stata introdotta nel magico (borz) mondo del lavoro da mio padre, che alla tenera età di 16 anni mi spedì a fare la panettiera un mese in estate.
LA PANETTERIA
Oddio, più che fare la panettiera servivo e battevo cassa. Cominciavo la mattina presto e finivo l’ora di pranzo. Lati negativi: stavo sempre, e dico sempre, in piedi. Lati positivi: la panettiera con me era simpaticissima, e ho conosciuto tutti i vecchietti del quartiere, che mi adoravano. All’epoca mi lamentavo, oggi sarebbe il lavoro dei miei sogni! Mangiare prelibatezze a sbafo e pescare monetine dai portamonete (attenzione, non portafogli) delle vecchiette? I’m in.Ovviamente facevo un sacco di errori con i soldi e la cassa, ma con un sorriso mi si perdonava tutto. Oggi beccherei botte, credo.
Messa da parte la parentesi panetteria, fino alla fine del liceo sono stata felicemente mantenuta dai miei, ma una volta cominciata l’università mi sono resa conto che c’era tanta gente là fuori che lavorava per pagarsi per esempio l’università, e che io ero una delle poche a dormire sugli allori.
LA HOSTESS
Ergo, mi sono messa a fare la hostess, con grande disappunto di mia nonna, che mi chiamava tutti i giorni con proposte indecenti (“Ma che figure ci fai fare? Te li do io i soldi, ti prego, non andare in mezzo alla strada con dei volantini! Ma insomma, una signorina come te!”).
L’agenzia per cui lavoravo (con cui spero lavorerò ancora) è piena di gente fantastica, il capo compreso, ero sempre al lavoro con ragazze carine e fare volantinaggio non è poi male.
Peccato che io sia timida in certe situazioni, e che quindi non sia la persona giusta per scherzare con i giovinotti il Venerdì sera in piazza per convincerli a firmare non so che. Risultato: le mie amiche facevano le simpatiche, io stavo defilata e raccoglievo le firme.
Highlight del mio lavoro: un weekend al campo di baseball di un paese vicino a Parma, per un campionato di bambini, in cui dovevo fermare gente e convincerli ad aprire un conto in banca a Parma. Io in maglietta rossa e cappellino, temperatura media 38 gradi all’ombra, nessun adulto di Parma presente. Mai nella vita ho trovato tanti nascondigli.
Oppure le giornate di telefonate per gli eventi della città (“Buongiorno signora, la chiamo per invitarla da parte del sindaco ad una serata al Teatro Regio””Ma mi faccia il piacere, signorina”).
In generale comunque il lavoro di hostess è divertente, si conoscono persone, non è mal pagato, ci vai quando vuoi. Voto: si.
Anche in Francia ho deciso di lavorare, e vedendo sempre gente per strada fare distribuzione di giornali, un giorno ho fermato un ragazzo e gli ho chiesto dove potessi fare application.
LA DISTRIBUTION
Risultato: divenni distributrice di giornali fuori dalle metropolitane. Fino a che stavo in un piccolo quartiere di periferia era tutto molto bello, tutti si fermavano a chiacchierare con me, il tempo volava. Poi sono stata trasferita in centro, e a parte: “Bonsoir, Directsoir!” non ho più detto molto. Vento gelido della sera in faccia ed io ferma in piedi per due ore fuori dalla Metropolitana con la gente che manco mi guarda in faccia? Fidatevi, fatelo anche voi e poi prenderete con un sorriso ogni volantino che tentano di appiopparvi per strada (che poi cosa vi costa prenderlo e poi buttarlo a casa?).
Dopo il volantinaggio sono passata ad uno stage alla Camera di Commercio, dove ho cominciato molto male le prime due settimane, in cui ho fatto SOLO telefonate per 8 ore consecutive (“Bonjour, c’est la Chambre de Commerci italienne a Lyon…”), in cui dovevo convincere aziende in crisi a partecipare a fiere di settore. Lì ho proprio capito che vendere e convincere non fa proprio per me. Poi lo stage è migliorato, ed è stato il miglior lavoro che ho fatto finora (ma cosa facevo? Bah…). Tornata a casa dalla Francia mi sentivo ormai una lavoratrice indefessa, e ho fatto la commessa in un negozio a Parma. Ancora una volta ho fallito con le opere di convincimento, figuriamoci poi quando si devono vendere marchi costosi e sconosciuti a signore bene. Il negozio è pieno di abiti stupendi, con una titolare deliziosa, peccato per la scarsa clientela e la conseguente noia mortale (e la mia incapacità, scusate ancora!).
Dopo la laurea ho ben pensato di non chiedere niente a nessuno e partire per St Tropez, dove mi sono messa a fare
LA CALZOLAIA!
No vabè, principalmente vendevo in negozio, però ho imparato la sottile arte della fabbricazione di sandali chez Rondini (qualcuno di voi si ricorderà delle mie peripezie in negozio-trovate tutto sotto la tag “RockandFiocc à StTropez”). Anche lì ho fatto un sacco di danni, il lavoro era estenuante e i clienti spesso insopportabili, ma vendere scarpe è stato bellissimo, il tempo volava, parlavo inglese e francese, stavo con gente favolosa ( e in pausa pranzo andavo al mare, cosa da non sottovalutare, specialmente per l’umore).
Ed eccomi qua oggi, con una lunga carriera alle spalle (ehm), e la consapevolezza di essere un cattivo investimento per qualunque datore di lavoro: sono ritardataria, pasticciona e lamentosa (non col capo, ovvio).
Vi farò un esaustivo resoconto della mia esperienza in showroom alla fine del mio periodo di stage. Forse farò pure un video illustrativo, perché ne hoda dirvi proprio delle belle…
Senza volerlo, questo post sembra uno di quei belli articoli di Garance Doré sulla sua vita.
Il mio epilogo sarà felice come il suo?


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