Alla fine l’ho letto. È scorrevole, eh. Ogni tanto ti strappa una risata, all’inizio fanno simpatia, la ricerca spasmodica di pezzi vintage a poco prezzo, l’organizzazione di un matrimonio low coast e il racconto dei personaggi intervistati nonostante l’ottusità del capo retrogrado.
Però.
Dopo un po’ ti dici vediamo come va a finire, e continui a leggere. Succedono sì cose, ma nella testa della protagonista, perché la storia è statica. Gradualmente si trasforma in un elenco di avvenimenti o acquisti, ma non succede nulla per giustificare più di 200 pagine di attenzione. Peccato. C’erano conflitti da elaborare: con i genitori, con i suoceri, con la collega stronza e il capo retrogrado, col marito, con una società che non permette di programmare un futuro. Tutti accennati e non sviluppati. Anche il grande sogno, quello di incontrare il Diretur, resta lì, nella testa di chi scrive.
Poteva essere Il Diavolo veste Prada in versione italiana. Invece è un’occasione sprecata.
[Questa recensione partecipa al concorso Recensci e vinci una spilletta. Partecipa anche tu!]
undefined