Se nel pieno della tua infanzia ti ritrovi in un ospedale bloccata da tubi ed impaurita a qualunque camice ti si possa avvicinare non potrai mai tornare a vivere i tuoi 4 anni sognando ad occhi aperti. A me è successo questo. Tutto si è fermato per molto tempo: le corse al parco con gli amici, l’arrampicarsi ovunque fosse alto minimo due metri, l’esplorare nuovi sapori, lo stare insieme a tanti bambini ed essere creatrice di quel casino. Quando poi mi è stato concesso tutto questo era troppo tardi, avevo perso il treno. Ormai ero in quella dannata età nella quale sei piccola per tante cose ma sei anche troppo grande per altrettante.
Insomma, ero fottuta in un limbo deprimente mentre gli altri ancora ridevano di tutto quello che la vita gli aveva dato la possibilità di provare! Ho viaggiato con la testa per tanto tempo, fantasticando e creando storie pazzesche. Mi bastava poco per divertirmi, in attesa che il mondo si ricordasse di me. Poi è arrivata l’adolescenza e lì mi son rimessa in paro, o almeno credo.. perchè, in realtà, la fantasia l’ho sempre tenuta per la mano. Mi basta un pennarello, un libro, una canzone, un fiore per ritrovare in me quella bambina che non ha mai smesso di sognare e che inizia a non setirsi più a suoi agio in un corpo di 23 anni.
Forse è per questo che quando vedo un bambino provo un’invidia tremenda: quei piccoli esserini di gomma (perchè giusto di gomma possono essere quando si lanciano dalle peggio altezze e ricadono senza un graffio) e sempre sorridenti fanno ricordare anche ad un’aspirante PeterPan come che c’è sempre tempo per quei pensieri felici che nel cartone ti permettevano di volare verso al seconda stella. Hanno la facoltà di vedere tra le nuvole le persone, di trasformare una sedia in un cavallo, di vedere una tenda degli indiani in un ombrello aperto! E quando il mondo dei grandi è troppo complicato da capire, gli basta dire una parola (che a me fa morir dal ridere):
E PERCHè? La risposta e, quindi, l’innocenza di quel bambino dannatamente curioso dipende da noi, da una semplice risposta che può distruggere o contribuire a costruire i suoi sogni. Se ci si pensa la risposta del genitore è come un terremoto: non sia mai quando arriverà a cosa porterà di conseguenze.E forse è per questo che quando vedo un bambino (in ospedale) “danneggiato” dal troppo realismo del genitore provo una rabbia tremenda: io ci son passata, so che significa pensare ad un sogno come ad un lusso, so che significa conoscere i nomi dei farmaci e non ricordare quelli dei sette nani, so che vedere una creatura così indifesa fa male e fa fare tante cazzate… lo so ed i miei ancora devono combattere con i sensi di colpa!
Ma proprio perchè lo so, genitori cari, vi prego di ascoltarmi: fate sognare i bambini!
Fateli vivere tra i colori ed i profumi. Fate i biscotti con loro. Fateli sporcare. Fategli capire che il ”vissero tutti felici e contenti non esiste” ma che l’amore non ha mai smesso di vivere. Fateli piangere ma voi non fatelo mai davanti a loro. Fate ragionare il vostro cervello con il loro, e non viceversa. Ma soprattutto, non tappategli le ali per una vostra paura. Le ali prima o poi andranno via per conto loro, ma i vostri figli resteranno per ringraziarvi.