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Volley: Una squadra di “perfette diverse”. Intervista a coach Bertini dell’inarrestabile Collegno Volley Cus Torino.

Creato il 11 dicembre 2013 da Sportduepuntozero
volley femminile b2 collegno cusVincere otto partite su otto non è un’impresa impossibile, almeno non per il Collegno Volley Cus Torino, squadra di Serie B2 femminile che sta regalando grandi soddisfazioni al movimento pallavolistico torinese. Abbiamo chiesto all’allenatore Vittorio Bertini il segreto di questo grande successo.

Come allenatore sarai molto fiero…
Hai usato il tempo verbale corretto, “sarò” molto fiero, al termine della stagione sportiva, se sapremo replicare questa condizione di lavoro, di motivazione, di attenzione e di aggiornamento continuo.

Avresti pronosticato questo risultato?
No di certo, in primis perché non potevo fare alcun tipo di pronostico; non conoscevo bene la categoria e le avversarie. Secondariamente perché non è mia abitudine soffermarmi sui risultati; l’obiettivo era e rimane l’eccellenza del lavoro settimanale ed essere competitivi in ogni gara.

Qual è il segreto di queste vittorie? L‘allenamento? L’affiatamento?
Nessun segreto, quel che facciamo è sotto gli occhi di tutti. Ci alleniamo mediamente bene. Le ragazze sono realmente legate tra loro da una stima e profondo senso di collaborazione. Se un ingrediente “particolare” esiste, credo personalmente che sia proprio il Cus Torino. Lavorare in una simile struttura permette ampio respiro e sguardo allargato.

Oltre ai classici fondamentali quanto è importante insegnare la “giusta” mentalità?
In misura differente, come è normale che sia, le ragazze erano già in possesso di una loro “mentalità sportiva”, e cioè’ il modo con cui ci si pone di fronte alla pratica sportiva. Spesso si riduce a termini quali “vincente”, “aggressiva”, “combattiva”. Io amo di più la condizione di “determinazione” e “sicurezza”. La mia personalissima è poi quella di “sperimentare”.

Come gestire emotivamente il gruppo, nei momenti di gioia ma anche di stress e tensione?
Abbiamo destrutturato il concetto di gerarchia, mantenendo quello di rispetto e competenza. Il rapporto instaurato è una interazione serena e onesta. Certo in alcuni momenti le atlete sono “irragiungibili” e quel che pensano e provano rimane solo loro, o meglio, di loro proprietà. Nessuno può “gestire” le emozioni di un altro. Si possono condividere, sostenere o magari provare a farle emergere. In generale rimane il principio che lo spazio di allenamento (e anche quello di gara) sono un momento lieto. L’impegno e l’agonismo dovranno portare sempre ad una soddisfazione personale. Quando questo non avviene, è il momento di fermarsi e verificare se le modalità sono giuste.

Parlaci delle ragazze, per aiutarci a capire meglio le dinamiche interne.
Faccio molto fatica a parlare delle singole atlete; perché verso loro ci sono gradi diversi di interazione. A tutte viene richiesto molto impegno, e nessuna si sta tirando indietro. Apprezzo molto alcune sostanziali differenze nell’intendere l’attività. C’è chi affronta allenamenti e gare in maniera spensierata e serena (Mirandola), chi con un pizzico di incoscienza (Nardoianni), chi con apprensione, chi con molta sicurezza. Il nucleo storico (Gili, Fonsati, Ferro, Deidda e inserisco anche Costantini) ha abbracciato le “nuove” più giovani (Guerrini, Viotto, Bosato) integrandole al meglio, rendendole già “ossatura”. Le due new entry “senior” Gobbo e Ortolani infine sono già due colonne portanti. Una squadra di “perfette diverse”, non potevo chiedere di meglio.

C’è qualcosa nel modo di pensare delle atlete che vorresti cambiasse per il bene della squadra?
Essere sempre al 100% è utopia. La stanchezza è una cosa reale. La svogliatezza, la testa altrove, la noia, un umore più basso, tutto rientra nella sfera dell’umano. La pratica sportiva è li a suggerirci di superare tutto questo, e ci offre anche tanti strumenti significativi per farlo: la squadra, gli obiettivi, il gioco (inteso proprio come giocare); insomma siamo in una condizione privilegiata perché, anche nella fatica, stiamo facendo qualcosa che non a tutti è permesso. Questo dovrebbe consegnarci, automaticamente, motivazione e far riaffiorare l’impegno.

Un aspetto in cui la squadra dovrebbe migliorare?
Vorrei scendessimo in campo un po’ più sicure, affamate, al limite, spregiudicate. Abbiamo tante qualità, che dovrebbero “pesare” di più in campo.

Qual è, secondo te, l’aspetto più difficile del ruolo di allenatore?
Preferisco risponderti su quale trovo l’aspetto più significativo: la possibilità di lavorare insieme, coordinando un gruppo di persone da cui “rubare” qualcosa, sempre; metterle insieme ogni giorno in maniera sempre nuova e pure sempre finalizzata. Ho la fortuna di avere parecchi collaboratori, dirigenti, amici, anche allenatori delle squadre giovanili, che partecipano alla vita della squadra. Da Enrico Bissacco, mio assistant coach, a Davide Belluz, passando per Ezio Gandini e tanti altri. E’ davvero una fortuna. E poi, non dimentichiamoci, noi abbiamo Jeffrey!

Cosa vedi nel vostro futuro pallavolistico immediato e non?
Un proseguo di campionato impegnativo ma gratificante. Contribuire alla crescita della sezione pallavolo e di tutto il Cus Torino. E personalmente tante notti insonni per la mia piccola Isabella, nata poco più di un mese fa. Ma è tutto investimento, appena avrà gambe per reggersi la vedo già contro il muro a fare 100 bagher!

Tatiana Zarik

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