"Il volontariato è una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e della democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione e in tal senso contribuirà allo sviluppo armonioso delle società europee...". E' uno dei passaggi fondamentali della decisione del Consiglio Europeo del 27 novembre 2009, che ha eletto il 2011 quale anno europeo del volontariato e della cittadinanza attiva. Proprio domani, 14 luglio, farà tappa nel nostro Paese il Tour europeo delle attività di volontariato, con dibattiti, esperienze, incontri a cui prenderanno parte la società civile e le istituzioni anche per tracciare il bilancio sociale che più direttamente ci riguarda.
L'Anno europeo nasce dalla volontà di incoraggiare e sostenere - in particolare attraverso lo scambio di esperienze e di buone pratiche - gli sforzi degli Stati membri per creare nelle società europee condizioni favorevoli al volontariato. Fra i principali obiettivi vi è anche quello di aumentare la conoscenza delle attività e delle iniziative realizzate dai soggetti del Terzo settore, ponendo al centro la comunità e il territorio quali ambiti in cui si accrescono le relazioni sociali improntate alla solidarietà e alla partecipazione, concretizzando così i principi contenuto nel Libro Bianco sul futuro del modello sociale - La vita buona nella società attiva.
In Italia la preparazione del 2011 era iniziata già da qualche anno. L'Osservatorio nazionale per il volontariato, nato nel 1997, ha contribuito alla condivisione e alla costruzione del Piano nazionale Italia 2011 partecipando direttamente alla fase preliminare dell'Anno europeo e assumendo come documento di base il Manifesto del volontariato per l'Europa, già adottato nel 2009 dagli organismi di rappresentanza del Non Profit italiano.
I dati più aggiornati, rilevati appunto per l'Anno europeo, dicono che sono oltre 235 mila le unità italiane di volontariato censite, più che triplicate rispetto a venti anni fa. In esse lavorano quasi mezzo milione di dipendenti, cui si aggiungono 100 mila lavoratori co.co.co. e 3 milioni e 300 mila volontari. Al Nord vi sono più volontari che al Sud e la maggioranza di loro ha almeno un titolo di scuola media superiore. In media, gli italiani volontari svolgono la propria attività su base regolare e sistematica, dedicandovi circa cinque ore alla settimana. I tre settori di attività più diffusi sono la sanità, i servizi sociali e quelli ricreativi e culturali.
Lo status giuridico dei volontari è disciplinato dalla legge quadro sul volontariato, che riconosce il valore sociale e la funzione del volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, promuovendone lo sviluppo e salvaguardandone l’autonomia e il pluralismo. Ai CESV (Centri di servizi per il volontariato) è affidata l'erogazione gratuita dei servizi destinati alle organizzazioni del Terzo settore, per sostenerne e qualificarne l'attività. Il volontariato dedica ogni settimana, in termini di tempo, l'equivalente del lavoro prodotto settimanalmente da più di 80.000 lavoratori a tempo pieno. Soprattutto fra i giovani, inoltre, è considerato un'esperienza di formazione alla cittadinanza attiva che contribuisce alla coesione sociale.
A tal proposito, uno studio condotto dalla Fondazione Feo-Fivol indica che le motivazioni personali alla base della scelta degli italiani di prendere parte ad attività di volontariato sono collegate alla loro necessità di essere altruisti, di partecipare attivamente alla società, di crescere come persone e di relazionarsi con il prossimo. Numeri assai simili a quelli di altri Paesi membri dell'UE, dove pure sul piano economico il contributo del volontariato non è trascurabile: in media fra lo 0,5% e il 5% di Pil. E in effetti, come ha evidenziato una ricerca condotta da Cnel e Istat e presentata il 5 luglio scorso, chissà se quei volontari erano consapevoli di rappresentare anche un valore aggiunto in termini macroeconomici.
I dati dell'indagine Cnel/Istat sono confermati pure dall'ultima rilevazione di Eurobarometro 73, il servizio della Commissione europea che misura e analizza le tendenze dell'opinione pubblica in tutti gli Stati membri. Essendosi registrato negli ultimi 10 anni un generale incremento del numero dei volontari attivi e delle organizzazioni di volontariato nell'Unione europea, la stessa Italia ha tratto e trae giovamento, a livello economico, dalla vasta rete del Non Profit che è andata via via radicandosi: oltre 7 miliardi di euro dal censimento delle istituzioni di volontariato del 1999, pari ad oltre il 4% del Pil. Un euro rimborsato ai volontari, pertanto, corrisponde a un ritorno economico di circa 12 euro nelle casse dello Stato.
Già ad ottobre l’Ilo, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, aveva varato il “Manual on the Measurement of Volunteer Work” (forse il più importante studio a livello mondiale sull'economia sociale Non Profit) e la rilevazione italiana condotta da Cnel e Istat è la prima applicazione concreta di quel modello studiato dal Center for Civil Society Studies della John Hopkins University. La ricerca ha inteso rispondere a una domanda tanto semplice quanto decisiva: è possibile valorizzare economicamente l’attività di volontariato di milioni di persone?
Il censimento del 1999, che ha ispirato l'analisi italiana, prevedeva che ogni istituzione Non Profit indicasse il numero dei volontari distinti per la modalità di svolgimento dell’attività (saltuaria o sistematica) e per il numero medio di ore prestate nel mese di riferimento. E' stato in pratica assegnato un valore economico al tempo offerto dai volontari, per ogni tipo di funzione che assolvono, in accordo con il costo che sarebbe necessario pagare qualora si acquistassero gli stessi servizi di mercato: quello che tecnicamente viene definito “metodo del costo di sostituzione” (determinare l'ammontare delle ore di volontariato prestate e trasformarle in Ula - unità di lavoro equivalente).
Attraverso le informazioni fornite è stato possibile arrivare a una stima complessiva del tempo offerto dai volontari pari a 701.918.839 ore, corrispondenti a 384.824 Ula (equiparabili a individui che lavorino full time per 38 ore settimanali e 48 settimane lavorative annue). Il metodo seguito poi prevedeva che venisse determinato anche il “salario ombra” più appropriato per remunerare il lavoro volontario, calcolato sul costo del lavoro per ogni settore. E per ogni settore la ricerca dettaglia con precisione tutte le singole voci, incrociando salari medi e numero di volontari coinvolti. Moltiplicando per i 12 euro di ritorno, il risultato sorprendente è di 7.779 milioni di euro. Una cifra che sommata al valore della produzione del Non Profit porta, come detto, il settore al di sopra del 4% del Pil.
La ricerca, inoltre, è interessante anche per il calcolo dell'efficienza degli investimenti nel settore Non Profit, con annessa valutazione di costi e benefici. Il metodo usato in questo caso è il Viva (Volunteer Investment and Value Audit), che mette in rapporto gli input finalizzati a sostenere il volontariato con gli output. Gli input sono i costi di gestione dei volontari per il reclutamento, la formazione, i rimborsi spese, l’assicurazione. L’output, invece, è il valore economico del tempo offerto dai volontari. E si finisce sempre ai 12 euro che rientrano per ogni euro speso. Dunque, sono i numeri che parlano: il volontariato non è più solo impegno sociale ma anche una immensa opportunità economica. Se solo la politica prendesse esempio... Tornando al significato più "laico" dell'impegno come volontario, merita una citazione speciale l'esposizione fotografica "Questi occhi hanno visto. Il diario di un medico volontario", dello specialista ortopedico traumatologo Maurizio Piazza, che da diversi anni effettua missioni brevi al servizio di Medici con l'Africa Cuamm operando soprattutto in Etiopia. La mostra, curata da Giulia Turano, è in corso a Roma presso la Casa della Memoria e della Storia di Trastevere è sarà aperta al pubblico fino al prossimo 7 settembre.
Bastano le seguenti parole, pronunciate dall'autore stesso delle foto, per farsi un'idea della straordinarietà umana e morale di chi opera nel volontariato: "È un miracolo che un'immagine di una frazione di secondo rubata alla banalità del difficile vivere quotidiano, possa travalicare i confini della resistenza che opponiamo al dolore, delle distanze che usiamo frapporre fra noi e gli ultimi".