McKinley diceva “Le mostre sono i cronometristi del progresso” ed è questa la frase che mi è saltata in mente appena varcata la porta della mostra The Fashion World of Jean Paul Gaultier: From the Side Walk to the Catwalk al Barbican Centre di Londra (fino al 25/08) dove ci accolgono manichini parlanti, si parlanti!
Di fatti tra le sue immancabili righe marine, il denim, la pelle e le madonne lui primo tra tutti è proprio li a raccontarci la sua storia. Il suo volto, proiettato su uno dei primi manichini che incontriamo, guardandosi intorno in un inglese dal marcato accento francese ci racconta la sua sull’esperienza che stiamo per affrontare.
E da li stuoli di manichini si rincorrono tra i corridoi della mostra con volti, maschili e femminili, che ci raccontano storie, gorgheggiano e accennano note liriche, ripetono frasi sconnesse come se fossero in stato confusionale, ci fanno occhietti dolci e sorrisi conturbanti. Percorriamo la mostra e ci sentiamo fiondati all’interno della mente dell’enfant terrible, ospiti delle sue fantasie e testimoni dei suoi ricordi.
Incontriamo i suoi amici e le sue muse, li vediamo in una nuova luce, con i suoi occhi li riscopriamo come usciti da fiabe per adulti: Kylie Minogue una piccola madonna provocante, Farida Khelfa guerriera esotica e dea inarrivabile, Lily Cole creatura a metà tra una ninfa e cat woman, Ève Salvail archetipo dell’androginia seducente ed inebriante, Madonna una fiera armata di corsetti e gessato.
In un’intervista Gaultier ha dichiarato: “Le tue fantasie devono stimolare e toccare la sensibilità altrui, non bisogna essere egoisti ma aprire gli occhi e prendere ispirazione da ciò che ti circonda” e nelle otto sezioni della mostra è esattamente questo ciò che succede: L’Odissea di J-P Gaultier, Punk cancan, Muse, Boudoir, Metropolis, Eurotrash, Skin deep e Urban jungle sono un rincorrersi di capi haute couture dalla maestria strabiliante che ci ammaliano e ci fanno saltare da un mondo all’altro, dall’Africa all’Alaska, passando per il bondage e dal retro di un cabaret francese, la sensibilità di questo stilista ci colpisce e ci consuma.
Una mostra davvero completa che ci mostra lo stilista a 360° e che uscendo, l’ultimo pezzo è una foto di J.P. di spalle, ti lascia con l’amaro in bocca, perché quello che hai appena vissuto non è un tuffo nel passato, ma un nuovo incontro, e quando arrivi alla fine è come se dovessi salutare un amico che hai imparato a conoscere e che non sai se potrai rivedere.
“Che cos’è quella sensazione quando ci si allontana dalle persone e loro restano sulla pianura finché le si vede appena come macchioline che si disperdono?…È il mondo troppo vasto che ci sovrasta, ed è l’addio. Ma noi puntiamo avanti verso la prossima pazzesca avventura sotto i cieli” scriveva Kerouac, e noi ci auguriamo che di mostre così ne facciano altre, magari anche in Italia, perché la moda, l’arte, il design hanno bisogno di fare nuovi incontri per essere vivi.
Di Martina Cotena.