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VOMITORY @Traffic, Roma, 15.11.2013

Creato il 19 novembre 2013 da Cicciorusso
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Testi di Ciccio Russo & Charles – foto di Concerti a Roma

Ciccio Russo: Un’ultima gragnuola di mazzate in giro per l’Europa e poi lo scioglimento, annunciato lo scorso febbraio. Si chiude con questo tour la truculenta avventura, durata quasi venticinque anni, dei Vomitory. Io e Charles giungiamo piuttosto tardi, perdendoci i Dr. Gore (che avevo visto giusto un paio di settimane prima all’Interiora Horror Fest) e gli Hastur e ci presentiamo appena in tempo per l’esibizione dei modenesi Hateful, da poco fuori con il secondo full Epilogue of Masquerade. Il trio emiliano suona un death metal tecnico dai tempi sostenuti e di marca piuttosto moderna. Lo ammetto, non è il mio genere. Però suonano bene, la resa sonora è discreta e se ne vanno tra i giusti applausi di un Traffic con il pubblico delle grandi occasioni. Sono venuti veramente in tanti a dare l’ultimo saluto a una band magari non fondamentale ma capace di costruirsi, col tempo, un seguito nutrito e devoto grazie a una coerenza e a una devozione alla causa inattaccabili. Becchiamo il sempre ottimo Gabriele Hammerfall, uomo sopravvissuto all’esperienza deprecabile di recarsi al Fosch Fest con me e Trainspotting, e lo stimabilissimo sergente Kabukiman, al quale le statistiche di wordpress  assegnano la palma di commentatore più assiduo di Metal Skunk (grazie, vi amiamo tutti) e con cui mi lancio in un’appassionata disamina dello stato di salute della scena di New Orleans. Ovvero, su chi sarà il prossimo ad andare in rehab. Il tempo di un’altra birra e il massacro è servito.

I quattro di Karlstad ci abbattono subito con The Carnage Rages on, prima traccia del penultimo Carnage Euphoria, il loro album che preferisco insieme al precedente Terrorize Brutalize Sodomize, dal quale verrà successivamente estratta l’amena title-track, in una scaletta che pesca un po’ da tutta la discografia – come conviene a un concerto, in qualche modo, celebrativo – e privilegia i pezzi più brutali e tirati, riducendo al minimo le concessioni a quell’anima melodica squisitamente svedese presente anche in un gruppo che di quella scena ha sempre rappresentato, insieme a gentaglia come Centinex e Demonical, l’ala più oltranzista e non compromissoria. Uno show quadrato e feroce, che non lascia respiro. Quando lasciano il palco con The Voyage, dal primordiale Redemption, sappiamo tutti che è solo una finta. Il  bis inizia con Regorge In The Morgue, opener di quell’Opus Mortis VII destinato a restare il loro ultimo parto in studio, e si va a casa con i timpani allegramente a brandelli. Non sarò mai stato il loro maggiore fan sulla faccia della Terra e non lo diventerò ex post. Massimo rispetto, però.

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Charles: Sulla prestazione della band non posso dire più di tanto, anche perché non li conosco poi benissimo. Mi aspettavo uno show granitico e show granitico è stato. Mi aspettavo anche un forte coinvolgimento da parte del pubblico e c’è stato pure quello. Non mi sarei mai aspettato invece un’affluenza così elevata. Roba che forse solo ai Red Fang, o tipo al RomaObscura e qualche altro evento molto atteso, c’era tutta ‘sta folla. La data romana dell’ultimo tour dei Vomitory (come ho appreso dai miei esimi colleghi e amici di metallo ivi presenti) era, dunque, davvera atteso dal pubblico e, dopo averli visti dal vivo, ho sciolto tutte le riserve possibili sul perché e il percome ci fosse, appunto, tutta ‘sta cagnara al Traffic. Giudizi tecnici non mi sento di farne e forse nemmeno ha senso più di tanto avanzarne uno qualsiasi visto che si parla di gente che fa più o meno lo stesso disco da anni (o diciamo con variazioni che non mi è dato cogliere) e visto pure che ‘sta roba non è stata concepita per tirarci su pipponi filosofici, ma per sbudellarsi sotto a un palco a tirar su le corna e far piovere madonne. Magari, non so, la sezione ritmica. Ecco, quella è stata, forse, la parte meno in linea col resto della prestazione. Intendo, in questo caso, solo la batteria perché, almeno io, in quel bordello, il basso non l’ho percepito un granché. Il batterista, insomma, avrebbe potuto variare un po’ di più e non dico che non ne fosse capace ma solo che m’è risultato abbastanza piatto. Per il resto, che gli vuoi dire? Che, tra una raffica di death brutalizzato e l’altra, ho sentito contaminazioni thrash, alla Slayer-Pantera-Testament-gesùincroce e che mi son garbate non poco? Detto questo, posto che, come è noto, non è nel nostro stile incensare chicchessia, mi permetto una leggera sviolinata al Traffic perché sta creando qualcosa che a Roma, almeno da quando ci vivo io (14 anni circa), non si era mai visto: gruppi importanti (a volte veramente imperdibili) che vengono dal resto del mondo per suonarti le ossa sotto casa, a prezzi ragionevolissimi e con una frequenza devastante che, per stare dietro a tutto, dovrei lasciare il lavoro (ma poi non avrei più i soldi necessari per svuotare i fusti di birra al bar). Insomma, bella.

Le foto sono scippate a quei bravi ragazzi di Concerti a Roma, che ogni giorno si fanno un mazzo immane per gestire l’unica guida veramente completa ed esauriente agli show di musica deteriore dell’Urbe. Li potete andare a trovare qua.



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