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"Vorrei ma...." ovvero, la storia dello squalo sdentato

Creato il 16 ottobre 2014 da Manuel
Mentre vinceva il Giro 2013 raccontava della libertà che aveva acquistato andando all’Astana, rispetto all’allora Liquigas da dove proveniva perché lì; “Mi dicevano cosa mangiare e quanto, come allenarmi e quanto”. Una situazione drammatica, lo possiamo capire. Tant’è che Vincenzo Nibali ha fatto di tutto per portarsi appresso dalla Liquigas proprio il preparatore Slongo. L’uomo che in primis gli diceva quanto e cosa mangiare, quanto e come allenarsi. Oggi Nibali è talmente libero che – dopo aver vinto un Giro 2013, un Tour 2014, una Tirreno-Adriatico 2013 e un campionato italiano 2014 in maglia Astana, e con una Vuelta 2010 e una Tirreno-Adriatico 2012 già vinte prima – ancora non può aprir bocca sui programmi ciclistici che vorrebbe intraprendere. Il ciclista che nelle ultime tre stagioni è stato globalmente il migliore tra piazzamenti e vittorie nei grandi giri, deve rispondere sull’attenti a Sua Santità Vinokurov. Quello che forse i giornalisti dovrebbero smettere di far finta di non sapere è che risulta quasi del tutto inutile andare da Nibali a chiedere che calendario farà. Quando nella tua agenda hai appuntamenti con Primi Ministri italiani, Primi Ministri kazaki, con il Presidente della Repubblica Italiana (robetta insomma), quando il ‘capo’ ti fa rinunciare al Giro di Lombardia (una delle cinque classiche monumento) per una corsa in kazakistan inutile avere speranze che l’atleta possa contar qualcosa. Tornano in mente le parole che lo scomparso Giovanni Agnelli disse di tal Schumacher; “Certo, non lo abbiamo pagato un tozzo di pane”. Forse in Astana la vedono così ma in senso diverso; “Non ti paghiamo un tozzo di pane. Sull’attenti ragazzo!”. Nell’ultima settimana di novembre l’Astana dovrebbe decidere i calendari per l’anno prossimo, gli obiettivi stagionali e soprattutto con chi cercare di acchiapparli. Ecco, speriamo che il ragazzo – anche se a 30 anni il ragazzo è passato da un pezzo – si stufi presto e venga tacciato d’insubordinazione ciclistica. Se poi gli scappasse un bel vaff*****o, meglio ancora.

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