G. Leopardi
Apprendiamo oggi che l'Italia è un paese ricco. Le parole di Tremonti lasciano pochi dubbi: "So che ci sono i poveri ma francamente credo che quella rappresentazione sia discutibile. Molto può essere fatto ma risulta da tutte le statistiche che in questo decennio la ricchezza non è scesa ma è salita".
In un colpo solo, il ministro ha smentito il l'ultimo rapporto Istat, che indica come negli ultimi dieci anni il nostro paese sia rimasto al palo. Il che, in termini economici, vuol dire andare indietro. Verrebbe da chiedersi quali confortanti statistiche abbia letto il ministro. Probabilmente nessuna, ma non può certo venircelo a dire in faccia. E invece si, diamine! Per lo meno qualcuno abbia il buon gusto di confessarlo pubblicamente. Perché non fanno una bella conferenza stampa congiunta, Tremonti e Berlusconi, in cui dichiarano che la crisi (peraltro spudoratamente bollata in un primo momento come disfattismo) non è stata altro che un coltello in una piaga già sanguinante? Lo dicano, i due sodali, che la politica economica dei vari governi che li hanno visti protagonisti è stata incentrata sull'agevolazione del guadagno per le classi già abbienti, a scapito degli altri. Cosa è stato fatto per diminuire il gap di ricchezza fra le varie fasce della popolazione? Cosa è stato fatto per far emergere il lavoro nero, soprattutto degli extracomunitari? Cosa è stato fatto per annullare l'odiosa disparità di salari e condizioni di lavoro fra uomini e donne? Se hanno paura di perdere consensi per via di un tale mea culpa, possono stare tranquilli. Probabilmente otterrebbero l'effetto contrario. Buona parte di coloro che li hanno sempre votati non si sono mai posti tutte quelle domande, ma confidavano semplicemente nella speranza che le loro tasse sarebbero diminuite, così da poter finalmente comprare il tanto desiderato SUV. Non sono mica dei pezzenti precari, loro, quelli che "andassero a lavorare tutti quei piagnoni, ché il lavoro c'è, basta cercarlo. E se non lo trovi, vai a lavare i cessi, senza stare a fare storie per il tuo pezzo di carta". Peraltro la maggioranza di costoro non si è nemmeno accorta che le tasse non sono mai scese, forse per il fatto che il problema le è estraneo. L'Agenzia delle Entrate ha disegnato impietosamente la mappa dell'evasione fiscale in Italia. In media, il 38% delle tasse viene evaso. Al sud la percentuale sale ad un drammatico 66%, sebbene gli importi evasi maggiori siano al nord. È il popolo di quelli che non hanno nessuna remora a votare per la mamma di Batman per non lasciare in mano Milano agli stessi islamici a cui loro non pagano i contributi. Che sono felici per un terremoto, pensando ai lavori di ricostruzione.
Comportamenti che una volta facevano raggelare il sangue nelle vene adesso sono accolti quasi con rassegnazione, come se gli stolti fossero quelli che ancora si indignano. In una scala di disprezzo, più in basso di quel genere di persone c'è solo la cosiddetta maggioranza silenziosa. Quelli che fanno spallucce, "tanto sono tutti uguali", che la sera guardano compiaciuti i servizi del TG1 sulle toelette per cani e sui gusti dei gelati per l'estate e che se vanno a votare decidono dove mettere la croce in base a chi sorride di più e a ha i denti più bianchi. Per fortuna, purtroppo, siamo forse arrivati al punto in cui il disgusto supera la pigrizia e la stupidità. Il tardivo e benvenuto "vento di cambiamento" che le elezioni amministrative hanno portato e, si spera, i ballottaggi non interromperanno, non potrà essere che l'inizio di un lento e difficile cammino. Sconfitta, un giorno, la malattia di Berlusconi, bisognerà ripulire il paese dalle tossine ha lasciato e debellare il virus che l'ha generata.