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Vujadin Boškov (16 maggio 1931 – 27 aprile 2014)

Creato il 29 aprile 2014 da Marvigar4

Vujadin Boškov 1961

boskov

boskov jugoslavia

Sappiamo che è nato a Begeč, nella ex Jugoslavia, ora Serbia, ma di lui si può dire tranquillamente che aveva il cuore blucerchiato, e non solo perché la Sampdoria è stata la sua squadra come giocatore prima, seppur brevemente, e come tecnico dopo.

Vujadin Boškov arrivò a Genova nel 1986, a 55 anni, aveva già allenato nel suo paese, in Olanda (vinse la KNVB beker, la Coppa d’Olanda, con lo ADO Den Haag nella stagione 1974-1975), in Spagna (vinse la Liga con il Real Madrid nel 1979-80, due Copa del Rey sempre con le Merengues nel 1979-1980 e 1981-1982 e fu finalista con il Liverpool nella Coppa dei Campioni 1981) e poi era finito nell’Ascoli di Costantino Rozzi vincendo la serie B nel 1985-86 affiancato da Aldo Sensibile. Paolo Mantovani chiamò questo tecnico intuendo qualcosa, forse memore della stagione 1961-62, in cui i blucerchiati giunsero decimi in A e il trentenne calciatore serbo giocò solo tredici partite segnando a Venezia il 29 ottobre 1961. Chissà, segni del destino captati da una persona che aveva ricostruito un ambiente, una società, qualcosa di più di una semplice squadra. Boškov nel primo anno ai blucerchiati portò la Samp al sesto posto, perdendo lo spareggio con il Milan per disputare le coppe europee, ma facendo nettamente meglio rispetto alla precedente stagione. Quarto posto nel 1987-88 e Coppa Italia. Quinto posto nel 1988-89 e ancora Coppa Italia (la Samp fu finalista in Coppa delle Coppe il 19 maggio 1989, ma perse a Berna contro il Barcellona; un mese dopo, il 14 giugno, fu sconfitta anche nella Supercoppa Italiana, battuta dal Milan). Ancora quinto posto nel 1989-90, ma vittoria della Coppa delle Coppe a Göteborg il 9 maggio 1990, battendo 2-0 l’Anderlecht con doppietta di Vialli al 105’ e 107’ dei tempi supplementari. E poi il capolavoro al quinto tentativo, ciò che nessuno era mai riuscito a fare prima: scudetto nella stagione 1990-91, con venti vittorie, undici pareggi e sole tre sconfitte. Il tricolore tornava a Genova dopo 67 anni, però stavolta la sponda era quella blucerchiata. Un’apoteosi: Boškov portato in trionfo dai suoi ragazzi e dal pubblico del Marassi, Paolo Mantovani felice due volte, per la vittoria del campionato e per aver visto giusto l’estate del 1986. La splendida avventura di Vujadin Boškov con i blucerchiati si chiuse l’anno dopo lo scudetto bissando il sesto posto della sua prima stagione. Fu un addio amaro, insieme al grande tecnico serbo lasciarono la squadra Gianluca Vialli e Toninho Cerezo alla fine di una brutta serata a Wembley, il 20 maggio 1992, in cui la Samp perse la Coppa dei Campioni in finale con il Barcellona al 112’ (golazo di Ronald Koeman e fine dei sogni blucerchiati).

Vujadin Boškov proseguì la sua carriera approdando a Roma con i giallorossi (un decimo posto in campionato nella stagione 1992-93, una finale persa in Coppa Italia, ma il merito indiscusso di aver fatto esordire in prima squadra il 28 marzo 1993 un ragazzino di sedici anni di nome Francesco Totti), poi a Napoli (subentrando a Vincenzo Guerini nella stagione 1994-95, portando i partenopei al settimo posto, lasciando l’anno dopo con un dodicesimo posto in campionato), una parentesi svizzera al Servette, il ritorno alla Samp il 23 novembre 1997 per sostituire l’esonerato Cesar Luis Menotti e lanciare Vincenzino Montella, tre mesi al Perugia dal febbraio 1999 al posto di Ilario Castagner, e infine l’ultima panchina della sua vita, alla guida della nazionale della Serbia, ancora all’epoca denominata Jugoslavia, dal 1999 al 2000 e il raggiungimento dei quarti di finale agli Europei disputatisi in Belgio e Olanda.

Vujadin Boškov ci ha lasciati con un patrimonio immenso di sportività, umanità, lo rimpiangiamo di fronte alla scarsa ironia dei tecnici odierni, alla tristezza degli scontrosi che sembrano condannati a vincere e non sanno vivere e godere del calcio come il grande tecnico serbo. Restano le sue imprese, le sue famosissime frasi (“Rigore è quando arbitro fischia”, “Squadra che vince scudetto è quella che ha fatto più punti”, “Gli allenatori sono come le gonne: un anno vanno di moda le mini, l’anno dopo le metti nell’armadio”[1]), resta il suo grande cuore blucerchiato, amato da tutti gli sportivi, sampdoriani e non.

Ciao Vuja, ci mancherai.

Marco Vignolo Gargini

[1] https://it.eurosport.yahoo.com/blog/top-flop/vujadin-boskov-frasi-hanno-reso-indimenticabile-182046660–spt.html



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