Walkabout, Pericle Camuffo
Prima di partire per l’Australia ho letto il libro di Pericle Camuffo “Walkabout, Ventimila chilometri sulle strade d’Australia”. Sinceramente, non mi è piaciuto, ma alcune frasi che riporto danno una vibrante scossa alla voglia di viaggiare in terre lontane.
“Disteso al sole ad aspettare che il bucato si asciughi, mi sembra un bel modo di vivere. Penso non dipenda dal fatto che sono qui a Port Augusta, che non è questo granché illuminante, ma dai tremila e più chilometri che mi hanno portato qui, chilometri in cui ho avuto il tempo e lo spazio per abbassare il ritmo, per gustare lentamente la vita, questa cosa che abbiamo in mano e che non va lanciata oltre se stessa, ma lasciata essere ciò che è, nel movimento continuo e armonioso con il mondo. “
“Ma ho bisogno di non pensarci, il cartello qui fuori mi ha messo una specie di timore, quasi paura. È enorme, verde. Nella parte bassa è indicata la Stuart Highway, l’87, con scritto in bianco NORTHERN TERRITORY; in quella superiore, una freccia che punta dritto verso il cielo ti spedisce sulla Eyre Highway, la 1, che vuol dire WESTERN AUSTRALIA. Due nomi che sono due uomini due fatiche due strade due leggende due piste dell’anima, due sogni lunghi migliaia di chilometri. Dicono che i sogni durino solo pochi secondi, anche meno a volte, un tempo breve, brevissimo, ma che tiene stretto dentro di sé la nostra intera esistenza, anni e anni di una vita raccolti in una manciata di secondi, qualche suono e qualche immagine, tutto qui. Un sogno lungo tremila chilometri può contenere la storia del mondo, e pensarla così fa un po’ paura. Fin qui ho sognato un sogno che aveva già visitato le mie notti, le immagini, i luoghi, i suoni e i colori e tutto ciò che ho incontrato in questa mia corsa erano da tempo dentro di me, è stato un po’ come correre sulla mia stessa anima per riportare di nuovo tutto tra le mie mani, per poterlo stringere al petto e addormentarmi con il sorriso. E adesso riparto, ma con il sorriso sulle labbra e nel cuore, che è già un bel vantaggio.”
“(…). Sì, la fuori istantanee mute slegate solo dal battito delle palpebre, un modo per dare ritmo, il nostro ritmo, alla striscia di colori e forme che scivolano via senza sosta. Se tenessimo sempre gli occhi spalancati il mondo ci risucchierebbe, polverizzandoci. Abbiamo bisogno di spezzarlo in tanti piccoli frammenti per poterci vivere dentro.”
Anche io davanti a quel cartello nei pressi del confine con il Northern Territory, quando mi ci sono trovato di fronte durante la sosta di viaggio verso il Red Centre, ho chiuso gli occhi e scattato piccole istantanee, per ricordare un sogno che finalmente si stava per avverare: la terra rossa.